Dopo due anni di fermo, quest’anno le piste da sci hanno riaperto in tutta Italia. Eppure continua il dramma di un settore e questa volta non a causa del Covid.
Che per due anni il mondo non si sia solo fermato, ma proprio immobilizzato non è di certo un mistero. Soprattutto il settore del turismo e della ristorazione hanno passato mesi terribile a causa delle chiusure forzate e prolungate a cui sono stati oggetti. Tuttavia ora sembra che piano piano sia i ristoranti – eccezion fatta per il carobollette dettato dalla guerra in Ucraina – sia i siti culturali che le mete turistiche estive si stanno riprendendo, registrando comunque un tutto esaurito nella maggior parte dei casi, cosa questa che avviene anche in montagna, ma non è il Covid e nemmeno la guerra in Ucraina il vero grande problema degli impianti sciistici.
Le temperature più che miti, infatti, hanno impedito ai turisti e agli sciatori anche professionisti proprio di sciare perché la neve non c’è. Ed è impossibile che si formi con questo “caldo” fuori stagione. Così, nelle ultime settimane sulle Alpi e sugli Appennini si avvista qualche triste lembo di neve che quasi sembra essere addirittura fuori posto rispetto al resto, come se si fosse già a marzo inoltrato e non a metà gennaio.
Ma non solo. In alcune zone d’Europa si sono registrate per il primo gennaio temperature di oltre dieci gradi sopra la media stagionale in tutto il periodo 1979-2010. Proprio per questo, molti impianti si sono attrezzati con cannoni sparaneve per sopperire alla mancanza, eppure sugli Appennini perfino la neve artificiale non regge il clima clemente sciogliendosi.
Se continua questo trend iper negativo, è molto probabile secondo gli esperti che nel giro di qualche decennio anche sulle Dolomiti ci sarà pochissima neve per sciare, motivo per cui diventerà essenziale l’utilizzo della neve artificiale, la stessa che implica però il ricorso a grandissime quantità di acqua non sostenibili a lungo andare e anche con i macchinari più avanzati la situazione risulta essere la medesima, proprio perché in quel caso si tratterebbe di un dispendio di energia elevato. Ma non solo. Proprio per il dispendio elevato, i costi dello skipass potrebbero aumentare, rendendo di fatto sciare un’attività riservata ai più abbienti.
Ma allora qual è il futuro di queste strutture per continuare a sopravvivere economicamente? Molte strutture si stanno reinventando e rinnovando, come l’impianto di Moleson in Svizzera, diventando anche centri estivi con diverse attrattive e attività come ciaspole, sci di fondo, escursionismo, downhill, percorsi ciclabili e valorizzazione di beni storico-culturali dei dintorni, adatte quindi a tutte le stagioni. Ma non solo. Tra le nuove proposte, stanno prendendo piede soprattutto quelle votate al benessere come centri spa e relax a tutto tondo. Un modo come un altro questo per non far rimpiangere la neve.
Articolo di Karola Sicali
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