In Qatar, lo diciamo per chi fosse stato in viaggio in un altro pianeta, è in corso di svolgimento il Mondiale di calcio.
Sono state tante le polemiche extracalcistiche, legate allo scarso rispetto dei diritti umani, dei diritti della comunità LGBT, dei diritti dei lavoratori (in migliaia sono morti per costruire gli stadi in terra qatariota).
Ribadiamo quest’ultimo aspetto sempre per chi non avesse vissuto sul pianeta Terra nelle ultime settimane.
Per chi invece non seguisse il calcio, ricapitoliamo brevemente com’è andata sul campo per la Nazionale padrona di casa: una netta sconfitta per 2-0 contro i non certo irresistibili avversari dell’Ecuador, pur autori di una grande gara.
Spostandoci di circa 700 km, c’è l’Arabia Saudita.
Paese spesso in conflitto con il Qatar, dal 2021 c’è stato un disgelo fra le due Nazioni.
Ma non è di questa relazione internazionale che vogliamo scrivere in questa sede, ché ci vorrebbe parecchio tempo per approfondire un rapporto spesso conflittuale (per ragioni politiche e religiose).
Stavamo parlando di calcio e in tal senso la Nazionale dell’Arabia Saudita è stata autrice di un’impresa che rimarrà negli annali: con una partita gagliarda, i sauditi hanno battuto in rimonta l’Argentina.
L’Argentina di Leo Messi, forse il calciatore più forte al mondo, per certo il calciatore più forte degli ultimi 15 anni.
Un calciatore fenomenale ma incapace o quasi ad essere decisivo durante la competizione iridata: succede così che l’Arabia Saudita vinca per 2-1, conquistando le simpatie del Mondo intero – sceso in un secondo (il Mondo) dal carro dell’Argentina, sin lì considerata la Nazionale maggiormente accreditata a vincere il titolo.
E se è assolutamente umano che il Mondo simpatizzi con la Nazionale in verde, sostenuta da una verde tifoseria composta da uomini e qualche macchia nera qui e lì a rappresentare il gentil sesso (in burqa) dovrebbe il Mondo ricordare cosa accade, a 700 km o giù di lì dal campo dove avviene questa impresa storica.
Perché in dieci giorni, in Arabia Saudita, sono state giustiziate ben dodici persone – per lo più decapitate con la spada.
A riportarlo, l’organizzazione per i diritti umani Reprieve: gli imputati sono stati condannati a morte dopo essere stati incarcerati per reati legati alla droga.
Si tratta di tre pakistani, quattro siriani, due giordani e tre sauditi. E venerdì prossimo, alla vigilia della gara della Nazionale contro la Polonia, verrà ucciso un altro giordano.
In undici mesi, in Arabia Saudita sono state giustiziate 132 persone: un numero equivalente alla somma delle pene capitali eseguite nei due anni precedenti.
Una cifra importante (parliamo per quest’anno di una persona uccisa ogni tre giorni) che cozza con le promesse del principe ereditario Mohammed bin Salman di riformare il sistema giudiziario.
Nel 2018 la Nazionale saudita veniva presa a pallonate dalla Russia nel mondiale russo ed usciva a capo chino dopo la vittoria di pirro contro l’Egitto. In quello stesso anno Mohammed bin Salman aveva annunciato la riforma della pena capitale e che sarebbero stati giustiziati solo i colpevoli di omicidio.
Quattro anni dopo, l’Arabia Saudita che vince (e convince) in campo, perde sul campo della giustizia.
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