I gravi problemi climatici in Brasile stanno fortemente interferendo con la produzione di caffè, comportando come conseguenza primaria l’aumento dei prezzi. E il problema è destinato ad aggravarsi
Il 2021 è stato uno degli anni più difficili sul fronte della coltivazione del caffè in Brasile, ovvero il Paese che si posiziona come il più grande produttore al mondo.
Dalla siccità che ha colpito il Paese fino alle gelate, la produzione dei chicchi diventa sempre più complessa, portando inevitabilmente a un aumento intensivo dei prezzi.
La gigantesca industria nel 2021 è stata messa in ginocchio dal cambiamento climatico, che ha fortemente limitato la produzione.
Un problema oramai annoso, di cui si parla già dal 2015, ma che oggi risulta impossibile ignorare.
Secondo il nuovo studio dell’istituto di Scienze Applicate dell’Università di Zurigo, infatti, i luoghi di maggiore produzione mondiale di caffè, quali Brasile, Vietnam, Indonesia e Colombia sono inesorabilmente minacciati dal cambiamento climatico.
Questo comporterà, come già avvenuto, un aumento dei prezzi, soprattutto dopo che siccità e gelate in Brasile hanno rovinato nel 2021 il 20% delle piante da caffè.
Lo studio condotto dai ricercatori è stato realizzato combinando modelli climatici con dati su suolo, livelli di ph richiesti e pendenza.
Dalle analisi è emerso come la terra a disposizione per queste produzioni (comprese quelle di specie a rischio come anacardi e avocado) sarà dimezzata, sebbene per il 2022 le stime siano ancora abbastanza rosee.
Il problema, come anticipato, si rivela su un termine più lungo.
Lo studio, denominato “Expected global suitability of coffee, cashew and avocado due to climate change” ha combinato le proiezioni dei cambiamenti climatici e i fattori del suolo nel 2050, data entro la quale le produzioni saranno dimezzate.
Un danno, ovviamente, non solo ambientale, ma anche socioeconomico.
“I risultati indicano la necessità, nei principali paesi di produzione, di mettere in campo adattamenti per rispondere al cambiamento climatico, come ad esempio la coltivazione di varietà adatte a temperature più alte o a minori precipitazioni“, si evidenza nello studio svizzero.
Laddove non si interverrà in tal senso ci si ritroverà costretti a “traslocare” le attuali coltivazioni altre zone.
Se in media il calo sarà del 50%, l’impatto maggiore avverrà nelle aree tropicali, in primis il Brasile, che vedrà ridotta del 79% la sua produzione.
A fornire questa previsione a dir poco catastrofica è, invece, Denis J Murphy, ricercatore dell’Università del Galles meridionale.
Nel suo studio, infatti, le previsioni sono decisamente meno rosee di quelle realizzate dai suoi colleghi svizzeri, con conseguenze che potrebbero essere ancora più gravi per il Brasile.
Conseguenze, queste, già in atto.
Sul finire del 2021 è stato infatti stimato un aumento dei prezzi che non erano così alti da 7 anni, e per quanto concerne le esportazioni “ci sono grandi preoccupazioni che non si riesca a trasportare il caffè fuori dal paese”, come sottolineato da un’analista finanziario.
Ci troviamo dunque dinanzi alla possibilità che il cambiamento climatico porti a un calo di produzione, con il caffè che diventerebbe un vero e proprio bene di lusso e milioni di persone coinvolte in questo settore che perderebbero il proprio posto di lavoro.
E un ambiente, intanto, che lancia segnali che continuano a essere ignorati dai governi.
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