Gli inquietanti dettagli emersi dalle chat della Pifferi spingono ora gli inquirenti ad andare a fondo della vicenda, puntando al reato di corruzione di minore a carico sia della donna che del 56enne
Emergono nuovi elementi nel caso di Alessia Pifferi, la 37enne detenuta nel carcere di Milano per la morte per stenti della piccola Diana.
Ancora una volta sono le chat della donna a rivelare inquietanti dettagli dietro al caso che sta sconvolgendo l’Italia, e che ora si arricchisce di un nuovo timore, quello più grave: l’ombra della pedofilia.
Poche parole, uno scambio di battute molto brevi ma sufficienti per comprendere a cosa siano riferite quelle scambiate con un 56enne su Tinder.
La casa dell’uomo, un bergamasco di Cenate Sopra, è stata perquisita dagli inquirenti, che hanno sequestrato ben sei cellulari, di cui uno contenente le chat con la Pifferi, e il computer.
In una delle diverse chat che la donna aveva intrattenuto nei mesi antecedenti la morte di diana con diversi uomini, una in particolare ha destato la preoccupazione degli inquirenti.
Uno scambio come anticipato molto breve, ma sufficiente da far venire i brividi.
“Posso baciare anche lei?”, chiede l’uomo, che dietro quel pronome si riferisce palesemente a Diana. “Lo farai”, risponde la madre.
Il dialogo ha spinto la squadra mobile a effettuare una perquisizione a casa dell’uomo.
Come riportato da Pipol cronaca, sono stati i poliziotti della Sezione omicidi della Squadra mobile, guidati dal vicequestore Domenico Balsamo e dal dirigente Marco Calì, a perquisire la casa dell’indagato.
Lui, 56enne di Cenate Sopra, nel bergamasco, è sposato con figli.
Di professione autotrasportatore per ditte casearie, a casa ha una situazione descritta come “complicata”, ma non ha precedenti per abusi su minori.
Il messaggio in questione risale a marzo, e la frequentazione fra la Pifferi e lui era durata fino a maggio.
Due computer e sei telefoni in tutto quelli sequestrati dalla squadra mobile, sui quali si effettueranno delle analisi approfondite al fine di comprendere se l’uomo possa essere stato responsabile di presunte violenze e detenzione di materiale pedopornografico.
Il titolare del fascicolo Francesco De Tommasi assieme a Rosaria Stagnaro del dipartimento dei reati contro le fasce deboli dell’aggiunto Letizia Mannella stanno ora ipotizzando il reato di corruzione di minore.
Come stabilito dall’art. 609 del Codice Penale “chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere, è punito con la reclusione da uno a cinque anni” a cui, si specifica, si aggiunge chiunque mostri materiale pornografico al fine di indurlo a compiere o subire atti sessuali.
La pena viene inoltre aumentata se tale reato viene commesso quando il colpevole è un genitore o chiunque abbia la custodia del minore.
In questo caso il rischio maggiore è per la Pifferi, ma anche l’uomo potrebbe rischiare grosso.
La speranza, ovviamente, è che gli atti siano rimasti solo “su carta” e non siano stati messi in pratica.
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