Mentre le indagini sono ancora in corso, si attendono i risultati delle analisi del DNA effettuate sui reperti rinvenuti sul corpo di Gianmarco Pozzi a distanza di due anni dalla sua morte. E intanto il padre dimostra come la ricostruzione di alcuni avvenimenti sia ai limiti dell’assurdo…
Un’attesa quasi da togliere il fiato quella riguardante gli ultimi aggiornamenti sul caso di Gianmarco Pozzi.
Il suo corpo, come abbiamo visto in vari articoli, è stato rinvenuto senza vita nell’intercapedine di un’abitazione a Ponza.
Inizialmente venne fatta passare come caduta accidentale, ma nessuno, in primis la famiglia, ha mai creduto a questa ricostruzione.
A distanza di due anni non è ancora arrivata la verità, ma iniziano ad emergere elementi che fanno stringere sempre più il cerchio.
In primis la decisione di procedere all’analisi dei reperti rinvenuti sul corpo di Gianmarco.
In questo articolo abbiamo parlato nel dettaglio della busta rinvenuta nei pantaloncini dopo la morte del campione di kick boxing, che conteneva strani oggetti, fra i quali mozziconi di sigaretta spezzati, stuzzicadenti, fazzoletti e una bustina.
Elementi, questi, di cui non è mai stata realizzata un’analisi compiuta al fine di rinvenire tracce di DNA e impronte digitali.
Oggi, però, potrebbe esserci una speranza.
E come mostrato da Storie Italiane, per Paolo Pozzi, il padre di Gianmarco, e la sua famiglia, si apre uno spiraglio di luce in un tunnel che oggi sembrava non avere una fine.
Ma non solo.
Paolo si è recato sull’isola di Ponza per dimostrare come la ricostruzione di uno dei coinquilini, ossia che Gianmarco si fosse chiuso in casa lasciando fuori uno di loro per poi fuggire dalla finestra, sia, di fatto, impossibile.
Nella puntata di oggi erano presenti in studio le sorelle di Gianmarco e l’avvocato della famiglia, Fabrizio Gallo.
In collegamento da Ponza, invece, il padre, che si trovava presso l’abitazione che il figlio aveva affittato assieme a un gruppo di amici e colleghi quell’estate fatale.
Un elemento importante che è stato messo in evidenza sono le informazioni fornite dal 118 alla famiglia.
Due operatori, un uomo e una donna, sono stati contattati da Martina, la sorella, e da Paola Taranto, la madre di Gianmarco.
Stando alla ricostruzione dei paramedici, nell’intercapedine non vi erano tracce di sangue, ed è dunque impossibile che la morte sia avvenuta lì.
Oltre a non esserci punti di impatto, la temperatura del corpo era molto bassa, segno che fosse morto già ore prima.
“Non è un corpo che sta lì da 6 minuti”, ripete l’operatore sanitario, ma anche lo stesso operatore delle pompe funebri conferma questo parere.
Elementi, questi, che alla luce dei risultati delle analisi dei reperti potrebbero portare finalmente alla verità.
Il padre di Gianmarco non vuole arrendersi in alcun modo, al punto di tornare nella casa dove viveva il figlio quell’estate per testare se la ricostruzione fatta dal ragazzo che viveva con lui fosse vera.
Come mostrato da Le Iene, infatti, il primo dei ragazzi che viene interpellato, quello più vicino a Gianmarco, afferma che quest’ultimo fosse in preda alle crisi paranoiche per le quali era convinto che la finanza lo stesse seguendo.
Per tale ragione si sarebbe barricato in casa chiudendo fuori l’amico per poi iniziare una fuga dalla finestra che l’ha portato nel campo dove poi sarebbe, a detta del coinquilino, caduto fatalmente.
Una ricostruzione impossibile, considerando che il padre, recatosi nell’appartamento, ha effettuato varie prove con la porta, provando ad aprirla da chiusa, ed è impossibile che quanto dichiarato dal coinquilino si sia effettivamente verificato.
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