A quarant’anni dalla morte del vicedirettore del carcere di Poggioreale, ecco la vicenda dietro la sua morte, avvenuta per volontà di Raffaele Cutolo
Fra gli eroi che si sono spesi per la lotta alla mafia impossibile non menzionare la figura, anche se meno nota rispetto ad altre, di Giuseppe Salvia.
E’ a lui che Rai Documentari dedica ‘Le ultime parole del boss’, in onda questa sera alle 21.25 su Rai2.
Il documentario, che vede alla regia Raffaele Brunetti, è tratto dal libro ‘La Vendetta del Boss’ di Antonio Mattone, ed è dedicato come appunto anticipato a Salvia, che perse la vita per ordine del boss della Nuova Camorra Raffaele Cutolo.
Per ulteriori approfondimenti sul tema della Camorra e Nuova Camorra Organizzata vi rimandiamo a questo articolo, nel quale troverete ulteriori specifiche sul quadro generale della criminalità organizzata oggi.
Era il 14 aprile del 1981 quando Salvia venne crivellato sulla tangenziale di Napoli per ordine del boss della Camorra Raffaele Cutolo.
Fu proprio quest’ultimo a trovare nel vicedirettore del carcere di Poggioreale, dove ai tempi il boss era detenuto, il più grande ostacolo per l’espansione del suo potere.
Era il 15 maggio del 1979 quando Cutolo, detto O’ Professore, veniva arrestato.
E’ a lui che si deve l’enorme processo di trasformazione che visse la Camorra dagli anni ’70 agli anni ’90.
Una riforma che, come visto in questo articolo, scatenò delle fortissime faide interne che culminarono nel sangue e che sono continuate fino a pochi anni fa.
Arrivato in carcere Cutolo godette di un enorme potere anche all’interno delle mure della struttura penitenziaria, nella quale era sottoposto al duro regime del 41bis.
Nel carcere di Poggioreale, infatti, è O’ Professore a comandare, non le istituzioni.
Ma in questa presa di potere, come anticipato, c’è un ostacolo che deve essere eliminato: Giuseppe Salvia.
Il vicedirettore della struttura carceraria non si arrende. Continua a seguire le regole, anche davanti alle intimidazioni di Cutolo contro cui nessuno, né detenuti né istituzioni, osavano contrapporsi.
Era il 6 novembre del 1980 quando Salvia, insistendo nel condurre una perquisizione di routine davanti a detenuti e agenti, viene schiaffeggiato dal boss.
Una dimostrazione di potere, che si dimostra ulteriormente quando Salvia richiede il trasferimento di Cutolo per motivi di sicurezza e gli viene negato.
Passano soli 5 mesi da quell’atto di coraggio dell’uomo che, mentre si trovava alla guida della sua auto senza scorta, viene ucciso a soli 38 anni.
La sua storia, però, non ottiene l’eco che avrebbe dovuto, e l’opinione pubblica, nel caos di quegli anni, dimentica facilmente il coraggio che un uomo da solo, contro istituzioni e mafia, ebbe nel portare a termine il suo lavoro con dedizione e rispetto delle regole.
Fu grazie allo scrittore Antonio Mattone che viene riportata alla luce questa vicenda, grazie anche al supporto del figlio della vittima.
E’ a Mattone che il boss di Ottaviano concederà l’ultima intervista prima di morire nella quale pronuncerà le ultime famose, quanto terribili, parole: “Sì, l’omicidio Salvia l’ho fatto io”.
Come riporta la Rai, quando l’agente di custodia entra nella saletta per annunciare che il tempo a disposizione è scaduto, il boss ricambia il saluto dello scrittore così: “Mi raccomando parli bene di Salvia”.
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