Come si sono posizionati i partiti minori e quale è stato il loro grado di consenso in tutta Italia? Questo è il Bel Paese il giorno dopo le elezioni.
Archiviata la vittoria scontata del centro destra o sarebbe meglio dire di Fratelli d’Italia e della sua leader Giorgia Meloni, quasi sicuramente futura e prima Presidente donna del Consiglio, è importante analizzare anche i partiti minori, quella piccola e al contempo grande frammentazione politica che ha reso difficile fino alla fine scegliere per chi votare.
Molti partiti, infatti, a cominciare proprio dal terzo polo con Renzi e Calenda, differivano davvero di poco dal resto dei leader di partito inglobati nelle grandi coalizioni tanto di centro destra che di centro sinistra, a dimostrazione del fatto che la differenza era così sottile, da rendere confusionaria persino la stessa campagna elettorale fino alla fine.
Un’eccezione in tal senso sono stati proprio quei gruppi politici outsider, distanti dall’agenda politica comune, ma che auspicavano comunque di attingere a un bacino elettorale abbastanza ampio, grazie proprio alle loro posizioni di partito. Si è parlato davvero tanto, infatti, di no Vax e no Green pass, entrambi argomenti che hanno tenuto banco tanto nella politica di destra e sinistra, quanto nella stampa italiana che ha sempre paventato un profondo periodo oscurantista che voleva mettere la scienza in un angolo.
Ora, non solo la polemica sul vaccino e sulla certificazione verde si è sciolta come neve al sole una volta allentate tutte le misure cautelari anti Covid, ma la guerra in Ucraina ha così massicciamente spostato l’attenzione altrove, tra inflazione e caro bollette, che non se ne sente nemmeno parlare più di tanto. Eppure questi partiti si sono presentati cercando di raggiungere il famoso 3% di sbarramento, necessario per poter accedere al Parlamento. Ma come è andata la loro avventura elettorale nel concreto?
Ora, va bene la famiglia vera, il divorzio all’italiana e le mascherine che inibiscono la nostra vita. Quando si tratta di vita però, vita vera, possiamo dire senza neanche mezzi termini che i problemi cogenti degli italiani al momento siano proprio altri. Ecco perché le elezioni per il complottisti e company sono state una vera Waterloo, una disfatta importante che dimostra poi il peso politico e l’aderenza alla realtà di questi partiti nel quotidiano.
Sono riusciti, infatti, a fare peggio di Gianluigi Paragone con Italexit che si è fermato al 2%, rimanendo così fuori dal Parlamento. La lista “Vita” della deputata Sara Cunial (convinta no vax), eccezion fatta per Bolzano, dove ha raggiunto il 6%, e in un collegio ha sfiorato il 9%, grazie anche ad alcune candidature strategiche come Hannes Loacker al Senato che ha preso il 6,21% nella sola Bolzano o di Susanna Singer a Merano col 6,99%, è stata un vero flop. Nel resto d’Italia, infatti, la Cunial ha raccolto solo lo 0,3% dei voti e la sua candidatura all’uninominale in Calabria è andata anche peggio, prendendo solo 197 voti.
Ma non è l’unica. “Italia Sovrana e Popolare” dell’ex comunista Marco Rizzo, infatti, ha preso solo l’1,1% delle preferenze e Rizzo nel collegio Lombardia 1 è arrivato a circa 2200 preferenze, risultato questo comunque più soddisfacente di quello di Mario Adinolfi che col suo partito “Alternativa per l’Italia” a stento è arrivato allo 0,2%. Ma non solo. Nel Lazio Adinolfi – con 894 voti – era candidato nello stesso collegio di Bonino e Calenda, tutti e tre però sono stati staccati dalla candidata di Fratelli d’Italia Lavinia Mennuni. Adinolfi è l’ultimo del suo collegio.
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