Anche il comparto dell’acqua da bere sta vivendo un periodo molto difficile a causa della crisi delle materie prime. Tanto da trovarsi nella difficoltà di reperire CO2, con inevitabili conseguenze
Dissetarsi con un buon bicchiere di acqua frizzante rischia, se le cose non cambieranno entro il breve periodo, di diventare molto difficile se non impossibile. Rendendo quello che fino a pochi mesi fa era un prodotto facilmente reperibile e alla portata di tutti una sorta di miraggio. È una delle numerose conseguenze legate alla crisi delle materie prime che sta interessando anche la reperibilità della CO2, l’anidride carbonica aggiunta all’acqua naturale per renderla gassata.
E a farne le spese sono le note aziende che producono acqua in bottiglia, su tutte Sanpellegrino i cui dirigenti si sono trovati costretti ad interrompere la produzione della linea ‘frizzante’ proprio a causa dei gravi problemi di approvvigionamento. L’azienda appartiene alla multinazionale svizzera Nestlè e sta vivendo, come del resto anche altri competitors, una crisi senza precedenti: la mancanza di anidride carbonica non consente, materialmente, di far arrivare sul mercato l’acqua frizzante.
Il problema, al momento ha interessato lo stabilimento di Ruspino nel quale all’acqua proveniente dalle sorgenti della Val Brembana viene aggiunta anidride carbonica. Come riportato dal Corriere della Sera l’azienda ha diffuso un comunicato per motivare la decisione di interrompere per 48 ore la produzione: “Il gruppo comunica che, a causa del persistere dei cali nella fornitura di CO2, questa settimana si è reso necessario un fermo produttivo di due giorni. Continueremo a ricercare nuove linee di approvvigionamento con l’obiettivo di ritornare il prima possibile al normale flusso di produzione”.
Come detto sopra la crisi delle forniture di CO2 è una problematica che sta riguardando l’intero settore e Sanpellegrino non è la prima a farne le spese. Solo un paio di mesi fa anche la piemontese Sant’Anna si era trovata in una situazione analoga per lo stesso motivo e per questo aveva dovuto interrompere la produzione di acqua gassata e di altre bevande frizzanti.
“L’anidride carbonica per l’acqua frizzante è un tipico esempio di economia circolare poiché viene recuperata dagli scarti di industrie chimiche e di fertilizzanti, che la trasformano per l’uso alimentare, anziché disperderla come inquinanti. Ma evidentemente anche questo settore sta pagando il prezzo della crisi” ha dichiarato pochi giorni fa a Repubblica il direttore generale di Acqua San Bernardo, Antonio Biella, confermando un serio problema di approvvigionamento di anidride carbonica.
Ma non finisce quì perchè la crisi non riguarda solo le aziende private ma anche le partecipate pubbliche che si occupano della gestione, in molti comuni italiani, delle ‘casette dell’acqua’ utilizzate dai cittadini per prelevare acqua dell’acquedotto comunale nelle bottiglie portate da casa. È il caso di BrianzAcque partecipata e controllata dai 55 Comuni soci della Provincia che gestisce diverse casette. E che a fine agosto ha rilasciato il seguente comunicato: “L’acqua frizzante comincia a scarseggiare anche nelle casette dell’acqua della Brianza”.
In alcuni comuni, i self service idrici sono già a secco e, laddove le scorte vanno in esaurimento, si fa fatica a rinnovarle. Il problema è la perdurante carenza di anidride carbonica compressa che, di norma, viene utilizzata per creare le famose bollicine che rendono l’acqua effervescente. La scarsa disponibilità di anidride carbonica si protenderà presumibilmente almeno per il resto dell’estate e dei primi mesi autunnali con conseguenti disagi nell’erogazione di H2O frizzante”.
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