49 anni fa avveniva il Colpo di Stato in Cile che metteva la parola fine al governo socialista di Salvador Allende per lasciare posto alla dittatura filoamericana di Augusto Pinochet.
L’11 settembre 1973 rappresenta per il mondo un momento di profonda desolazione. Lontano, quasi ai confini del mondo, il Cile sperimentava in prima persona l’ingerenza degli Stati Uniti nel proprio paese. Fatta eccezione per Cuba, unica roccaforte socialista in Occidente, gli americani non avrebbero permesso la formazione di altri partiti e governi socialisti, anche se democraticamente eletti, in tutti i Paesi dell’America Latina. Il sogno americano, insomma, finisce in Texas, mentre a Sud del continente, un dittatore spietato prende il potere.
Così, 49 anni fa, il presidente del Cile Salvador Allende venne deposto con un colpo di Stato e Augusto Pinochet prese il controllo del paese. Tuttavia, quello che non si sa del dittatore è che non solo si arricchì grazie alla droga, ma lui stesso fu un narcotrafficante. L’eredità di Pinochet non sarebbe tale, se non ci fosse stata anche la droga, il fiorente mercato nero dell’America Latina. L’aspetto più sorprendente di tutti, però, è che infastidisca di più al fascismo e ai pariti di destra che Pinochet sia stato un trafficante di droga, arricchitosi rubando soldi allo Stato, che non uno spietato dittatore.
A rivelare l’immensa fortuna collaterale del dittatore, come riportato dal giornale cileno ‘El Mostrador’, è stato Manuel Contreras, ex generale e capo della Dina, la polizia segreta cilena. Contreras ha deciso di parlare per far luce sulla morte nel 1992 del colonnello Geraldo Hüber, anche lui ex membro della Dina e direttore della Famae (Fabbrica di materiali e armi dell’Esercito cileno). I due, infatti, erano amici.
Stando alle dichiarazioni di Contreras quando Huber prese il comando della direzione del Complesso chimico dell’Esercito, affidò al perito chimico Eugenio Berrios il compito di fabbricare la ‘cocaina nera‘ – oltre al gas sarin – la stessa poi arrivava dagli alleati Stati Uniti e in Europa. A dare l’ordine di realizzare la cocaina all’interno del comparto chimico dell’esercito fu lo stesso Pinochet.
Il vortice del mercato nero, non solo droga per Augusto Pinochet
Ma oltre alla droga, all’interno del comparto chimico dell’esercito avveniva anche la compravendita illegale di armi chimiche. Pinochet era al comando di questo traffico per il quale riceveva commissioni attraverso società di facciata e offshore. Quando è stato scoperto, però, il commercio illegale di armi cileno a Budapest, Hüber è stato assassinato poco prima di poter testimoniare. E nel 1995, la stessa sorte toccò a Berrios.
Quando l’attività di cocaina e paste iniziò in Cile alla fine degli anni Settanta, l’élite del narcotraffico si strinse a fianco dell’alta società di Viña del Mar, dove la figura di spicco era l’uomo d’affari Losada. Il narcotrafficante Carlos Zuluaga, rappresentante del cartello di Cali e poi di quello di Medellin in Cile, aveva come contatto proprio un colonnello dell’intelligence militare cilena.
In questo modo, la cocaina arrivava grezza a Viña, dove sarebbe stata lavorata e trasformata in cocaina liquida, per essere spedita negli Stati Uniti all’interno bottiglie di vino. Nella totale impunità, le spedizioni di droga partivano dalla fabbrica di materiali bellici dell’esercito (FAMAE) trasportate su veicoli militari per arrivare all’aeroporto di Pudahuel. La destinazione finale dei carichi era principalmente l’Europa e punti intermedi, spesso l’aeroporto di Port au Prince (Haiti) o le Isole Canarie.
Oggi si sa che Pinochet possedesse conti segreti presso Banco Riggs e altri attraverso le risorse della Casa Militar, ma l’origine degli oltre 20 milioni di dollari in suo possesso resta ancora poco chiara. Tuttavia, diverse inchieste giornalistiche insinuano come alla base dell’immensa fortuna del dittatore ci sia proprio il traffico di droga e armi.