Il 10 settembre è la Giornata mondiale dedicata alla prevenzione del suicidio, i dati pubblicati dall’Ospedale Bambino Gesù di Roma, però, sono tutto fuorché confortanti, soprattutto tra i più giovani.
Cosa possa spingere una persona a suicidarsi non è dato saperlo e non perché magari la stessa non abbia spiegato cosa si nasconda dietro il suo gesto. Rimarrà sempre un’esperienza intima e imperscrutabile il momento in cui si realizza di non appartenere più a questo mondo, che continua a fagocitare benissimo la vita senza di noi.
Forse chi si suicida pensa addirittura di non aver mai fatto davvero parte del mondo, con le sue mille sfaccettature, complicazioni e sfide del quotidiano, difficili da sostenere a lungo andare. Ogni esperienza, ogni passo verso la cosiddetta vita adulta è un momento doloroso e logorante, che ci ruba per sempre un pezzettino di noi, trasformandoci in qualcosa che non siamo e che non volevamo diventare.
Crescere non è semplice, ma è ancora più complicato scendere a compromessi con se stessi, pur di sopravvivere e trovare un senso ad episodi della nostra esistenza che spesso si presentano privi di senso. Proprio per questo, negli ultimi anni è diventato cruciale curare soprattutto la salute mentale più di quella fisica. Tutto, infatti, parte dalla nostra testa: il modo in cui reagiamo magari ad un torto, il modo in lo superiamo e il modo in cui ci ricomponiamo dice molto di noi. Ma non è sempre detto che si possa fare da soli questo percorso.
Il tabù e lo stigma sociale legati alla figura dello psicologo, infatti, inibisce tantissime persone dal richiedere la giusta assistenza. La pandemia, però, ha squarciato questo velo di Maya, mostrandoci tutte le nostre fragilità, soprattutto tra i più giovani, i primi che hanno sperimentato con più libertà cosa significhi poter conoscersi a fondo, senza il peso del giudizio nella maggior parte dei casi.
Eppure, si tratta di un percorso ancora in salita che culmina ogni 10 settembre nella Giornata mondiale dedicata alla prevenzione del suicidio. I dati pubblicati dall’Ospedale Bambino Gesù di Roma, però, rispetto ai tassi di suicidio – soprattutto tra i più giovani – sono tutto fuorché incoraggianti.
Se il futuro viene tolto ai giovani con stage full time a 600 euro al mese o con una scarsa considerazione del sistema scolastico, sistematicamente sempre più privo di fondi, allora ci pensano i giovani stessi a porre fine alla loro vita. Dai dati dell’ospedale Bambino Gesù si evince come negli ultimi 10 anni si sia registrato un aumento esponenziale dei casi di giovani che hanno pensato e pianificato il suicidio o hanno tentato di suicidarsi.
Soprattutto negli ultimi due anni segnati dalla pandemia, rispetto al biennio precedente, c’è stato un aumento del 75% dei casi, una percentuale davvero spaventosa. Se nel 2018-2019, infatti, i casi erano “solo” 369, nel 2020-2021 questi sono diventati 649, con una media di un caso al giorno. Ogni mattina un giovane si sveglia e decide di ammazzarsi.
L’Organizzazione mondiale della sanità stessa ha spiegato come il suicidio sia la seconda causa di morte tra le persone di età compresa tra i 15 e i 29 anni. Ma qual è la situazione nel resto del mondo? Il 79% dei suicidi, spiega sempre l’Oms, avviene nei Paesi a medio e basso reddito. Parlando, però, della sola Europa, un rapporto dell’Unicef ha evidenziato come 9 milioni di adolescenti convivono con un disturbo legato alla salute mentale.
All’incirca 1200 ragazzi, di età compresa tra i 10 e 19 anni, si suicidano ogni anno. Oltre all’Italia, i paesi più a rischio sono Spagna (20,8%), Portogallo (19,8%) e Irlanda (19,4%).
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