Dalle chat della donna la conferma del quadro investigativo e della sua “instabilità affettiva” che l’ha portata all’abbandono della piccola Diana. E intanto si attendono i risultati degli esami per comprendere se il latte lasciato alla figlia contenesse al suo interno tracce di tranquillanti per evitare che piangesse
Voleva sentirsi libera, sollevata dal peso di “essere una ragazza madre” Alessia Pifferi, la madre della piccola Diana morta di stenti a soli 18 mesi.
Ad ammetterlo, in fin dei conti, era stata la stessa madre durante i primi interrogatori svoltisi a seguito del tragico ritrovamento del corpo esanime della piccola vittima nel lettino della loro abitazione di Ponte Lambro a Milano.
In quell’occasione la donna non nascose il fatto che la decisione di passare totalmente da sola i weekend dal compagno lasciando la piccola a casa derivassero proprio dal fatto che per lei, Diana, era solo “un peso”.
Ed è proprio questo il quadro confermato dall’analisi delle chat, dalle quali emergono ulteriori prove sul fatto che Diana fosse peso” da cui liberarsi in ogni modo possibile.
Sono stati gli investigatori della squadra mobile a depositare il lavoro di analisi effettuato sul dispositivo della Pifferi, da cui hanno estrapolato una serie di chat dalle quali emerge conferma del fatto che la madre vivesse in modo angoscioso la sua maternità.
A tal riguardo è stato il gip Fabrizio Felice a parlare di “instabilità affettiva” della Pifferi, instabilità che si è manifestata “come in una forma di dipendenza psicologica dall’attuale compagno” e che “l’ha indotta ad anteporre la possibilità di mantenere una relazione con lui anche a costo di infliggere enormi sofferenze” culminate, poi, con la morte della bimba.
Sempre il gip Felice ha rifiutato la richiesta dei legali della donna di far accedere in carcere il Professor Pietro Pietrini, ordinario di Biochimica clinica e Biologia molecolare clinica all’università di Pisa.
Pietrini è uno dei due docenti che sono stati incaricati dalla difesa di redigere una consulenza neuroscientifica e psichiatrica su Alessia.
A detta del magistrato non vi sono valide ragioni per consentire colloqui con esterni che non siano gli avvocati della Pifferi, finalizzati soprattutto a stabilire lo status di salute mentale di quest’ultima.
In tal senso, sottolinea il giudice, non vi sono elementi dai quali si possa ravvisare uno stato di patologia sia di tipo fisico che di tipo mentale.
Si attende, nel frattempo, l’esito dei risultati dell’incidente probatorio fissato al 28 settembre, al fine di condurre “accertamenti tecnici di natura biologica e chimico-forense” sugli oggetti sequestrati dall’appartamento della Pifferi, fra i quali il biberon della piccola.
L’ipotesi è che nel latte vi fossero tracce di tranquillante che la donna aveva somministrato alla figlia per non farla piangere e, dunque, non allertare i vicini.
Si apprende, inoltre, che anche la zia e la nonna della bambina hanno nominato un legale per costituirsi come parte civile contro Alessia Pifferi.
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