In vista delle future elezioni, nelle quali per altro entrerà in vigore il taglio dei parlamentari, ecco quali sono i parlamentari e senatori a cui dovremo dire addio
E’ tempo di addii nella compagine politica italiana, dove in vista delle elezioni settembrine vedremo molti ‘big’ dei partiti salutare definitivamente Montecitorio o Palazzo Madama.
Un restyling, lo definirebbe qualcuno, che cambierà in modo radicale l’organizzazione interna di molti partiti.
Ad alcuni addii clamorosi e spontanei abbiamo già assistito, come quelli degli azzurri Brunetta e Gelmini.
Ma ci sono altri (prei) storici deputati che hanno già notificato ai propri dirigenti di partito le intenzioni di lasciare il passo a qualcuno di più “fresco”.
Altri, invece, saranno costretti. Chi per vincoli di mandato, vedi Movimento Cinque Stelle, chi perché è lì da fin troppo tempo e chi, in vista del taglio dei Parlamentari, rimarrà fuori.
Ma ci sono anche addii volontari che sono stati annunciati nelle ultime ore.
In un pezzo sul Corriere della Sera, Tommaso Labate parte da uno degli addii più eclatanti: quello di Bersani.
Come ricostruisce il giornalista, “dal suo primo giorno da eletto nelle istituzioni sono passati quarantadue anni e un mese”.
Una data, evidenzia, per altro abbastanza simbolica: quella del primo concerto in Italia del cantante Bob Marley.
Una coincidenza che Bersani ricorda ancora così: “Con tutte le date che c’erano, proprio quel giorno doveva capitare l’insediamento del consiglio regionale dell’Emilia-Romagna?”.
Il politico aggiunge poi che aveva acquistato un biglietto mesi e mesi prima per il concerto: “riuscì a raggiungere San Siro solo perché mi infilai in extremis in un pullman di smandrappati in partenza da Bologna, e io ero l’unico in giacca e cravatta”.
Sono quasi passati 50 anni dal suo primo ingresso nelle istituzioni, alle quali Bersani è intenzionato più che mai a dire addio.
Un’uscita di scena, quella di Bersani, volontaria, anche se i compagni di partito provano a fargli cambiare idea.
Salvo colpi di scena dell’ultima ora (la politica ci insegna che fino alla consegna delle liste dei candidati tutto è possibile), non rivedremo più Bersani in Parlamento.
A condividere, almeno per una volta nella loro carriera, le intenzioni di Bersani c’è Roberto Giacchetti di Italia Viva, che ha comunicato di non volersi più ricandidare.
Secondo un’indiscrezione del Corriere, anche dal fronte azzurro potrebbe esserci un quanto mai clamoroso addio spontaneo.
Si tratta di quello di Adriano Galliani, che potrebbe decidere, con altissime probabilità, di dedicarsi interamente al Monza dell’amico Berlusconi, lasciando il suo posto riservato in Forza Italia.
Intanto il taglio dei parlamentari incombe come una mannaia sulle teste di tantissimi deputati. I seggi alla Camera dei deputati sono attualmente 630, mentre 315 al Senato.
Con il taglio i numeri scendono clamorosamente: 400 quelli di Montecitorio e 200 quelli di Palazzo Madama.
Molti, dunque, dovranno abdicare contro la loro volontà.
Ma la vera ghigliottina parlamentare sarà quella del vincolo dei mandati.
In testa il Movimento, con un limite di due. Segue il PD con tre e Forza Italia con quattro.
Rigidi in tal senso i pentastellati, che tuttavia a causa di questa regola vedranno molti dei propri eletti dover obbligatoriamente abbandonare l’ambizione di ritornare a sedersi sulle poltrone di Montecitorio e Palazzo Madama.
E ci sono nomi di alcuni Big.
Fra questi il presidente della Camera Roberto Fico, ma anche Alfonso Bonafede e Danilo Toninelli, rispettivamente ex ministri della Giustizia e dei Trasporti.
Anche la senatrice Paola Taverna ha raggiunto il limite di mandati.
Si accoda a questa lista il capo politico ad interim 20/21 Vito Crimi, il deputato Riccardo Fraccaro, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri nel governo Conte II; la ministra della Salute nel governo Conte I, Giulia Grillo e il presidente della commissione Affari costituzionali alla Camera Giuseppe Brescia.
Come anticipato, anche in casa PD vige il vincolo di mandati, uno in più rispetto al Movimento.
A differenza dei pentastellati, però, il loro vincolo è, scuserete il gioco di parole, non così tanto vincolante.
Molti parlamentari, infatti, hanno avuto deroghe speciali.
Fra i grandi nomi del Partito Democratico a dire addio saranno, secondo il Corriere, Piero Fassino, che si attesta a 6 legislature, le stesse dell’ex ministra Barbara Pollastrini.
Altri nomi grossi sono quelli di Roberta Pinotti (5 legislature) e Marianna Madia (3 legislature).
Superano il tetto massimo anche Luigi Zanda con cinque, Andrea Marcucci con quattro e Francesco Verducci con tre.
Grandi cambiamenti all’orizzonte anche per la compagine degli azzurri, forse quello più importante.
Dopo il clamoroso addio di Brunetta e Gelmini per divergenze di visioni politiche con il partito, e un possibile addio da parte anche della Carfagna che, come scrive il Corriere, sta con “un piede e mezzo fuori”, spuntano nomi di big che potremmo non più rivedere in Parlamento, quali l’ex ministra Stefania Prestigiacomo (7 legislature) e l’ex presidente del Senato Renato Schifani (6).
Un altro berlusconiano doc ha detto definitivamente addio al partito in modo più che clamoroso.
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