Mentre il cavaliere esclude una possibile crisi di governo optando per l’ipotesi che si possa andare avanti senza il Movimento Cinque Stelle, dall’altro lato che c’è chi prospetta il voto anticipato. Anche perché, d’altronde, un Draghi bis non sarebbe pensabile. Gli scenari possibili e il parere di Berlusconi
E’ arrivato l’ok dalla Camera sul decreto aiuti ma, come previsto, con l’astensione del Movimento Cinque Stelle.
Con 266 sì e 47 no, il provvedimento passerà ora al vaglio del Senato, ma senza il supporto dei pentastellati.
Ad eccezione infatti di Berti, unico deputato che non ha seguito le indicazioni di voto, il M5S si astiene compatto non partecipando al voto, e contestando, si legge su Repubblica, alcune scelte in particolare per quanto concerne il settore energetico e, nel dettaglio, quella relativa al termovalorizzatore di Roma.
Una posizione, quella dei pentastellati, che genera nuove strade percorribili e nuovi scenari politici.
Il banco di prova è il Senato. Cosa cambia rispetto al voto della camera
Il banco di prova, ora, è quello del Senato, dove domani approderà il decreto aiuti.
A differenza della Camera, dove i voti sono disgiunti, nell’Aula di Palazzo Madama è previsto il voto unico, dunque sia sulla fiducia che sul provvedimento.
La questione aperta, ovviamente, è quella sul voto di fiducia. Mario Draghi dovrà salire al Colle dal Presidente Mattarella, e valutare quanto sia oggi percorribile la strada di un governo senza il Movimento Cinque Stelle qualora questi ultimi non accordino, in Senato, la fiducia al governo.
Alle soglie di una possibile crisi di governo arriva il commento di Silvio Berlusconi, che ha esplicitamente richiesto una verifica della maggioranza “al fine di comprendere quali forze politiche intendano sostenere il governo, non a fasi alterne e per tornaconti elettorali, ma per fare le riforme e tutelare gli interessi degli italiani”.
Ritorno alle urne? Il cavaliere “glissa” il problema di un leader univoco per il centro-destra
Sulla situazione politica attuale il cavaliere sembra avere le idee ben chiare.
Tre punti, in sostanza, quelli attorno ai quali, come si evince dall’intervista rilasciata a La Stampa, ruota il parere di Berlusconi: Mario Draghi può essere l’unico premier possibile in questa legislatura, il cosiddetto “campo largo” Cinque Stelle – PD è, oramai, un “campo santo”, e che la proposta di un “grande centro” è da definirsi ridicola, in quanto Forza Italia non ha paura di tornare alle urne.
Poi, con fare pungente, loda gli elettori del Movimento: “La loro insofferenza verso un certo tipo di politica – ha dichiarato il Cavaliere – è anche la mia”.
Ma, lusinghe a parte, il tema delle urne è quanto mai scottante.
Se da un lato, infatti, afferma che il ritorno alle urne non fa paura, dall’altro “glissa” su chi possa essere il nome del leader della possibile coalizione di centro-destra:
“Pensiamo a vincerle – ha affermato – proponendo agli italiani un governo serio, credibile, autorevole in Europa e nel mondo. Individueremo insieme la figura con il profilo più adeguato per andare al voto”.
Crisi di governo? Chi (non) ha paura del ritorno alle urne
Se dovesse realmente avvenire il cosiddetto “strappo” con i Cinque Stelle, Draghi è stato chiaro: non rimane al governo senza l’appoggio di quella forza politica.
Lo scenario, dunque, è quello di salire al Colle e rassegnare le dimissioni a Mattarella, che avrebbe due opzioni a disposizione: sciogliere le camere e indire le elezioni in maniera anticipata o affidare l’esecutivo nelle mani di una figura super partes e “tecnica” che lo traghetti fino alla fine della legislatura.
Per Matteo Salvini, intanto, l’ipotesi che la legislatura venga affidata in mano a un tecnico come il ministro dell’Economia Daniele Franco è impensabile, considerando che “mancano solo 240 giorni al voto che vedrà la vittoria del centrodestra”.
Pur non temendo il ritorno alle urne, il centro destra rimane incerto sul possibile leader, e questa scelta potrebbe comportare non pochi problemi.
Ad ogni modo queste sono tutte ipotesi, considerando che i grillini potrebbero rinunciare allo “strappo” qualora Draghi venga incontro alle loro richieste.