La notizia è arrivata ieri, poco dopo le 16 ora italiana, e ha generato un’ondata di indignazione non solo negli Stati Uniti, ma anche nel resto del mondo.
La Corte Suprema ha infatti emesso una sentenza storica, che va di fatto ad abolire la sentenza Roe v. Wade che aveva consentito nel 1973 la legalizzazione dell’aborto negli USA. In seguito a questa decisione della Corte Suprema, da adesso in poi ogni Stato potrà applicare o meno l’aborto in base alle proprie leggi.
Già nelle scorse settimane era emerso un sondaggio che indicava chiaramente come la maggioranza dei saggi fosse favorevole al ribaltamento della Roe v. Wade: non a caso, negli Stati Uniti le proteste e le manifestazioni vanno avanti già da diversi giorni.
Ora la Corte Suprema si è espressa in merito al caso “Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization”, dove è stata sostanzialmente confermata la legge del Mississippi che impedisce di interrompere la gravidanza una volta passato il periodo di 15 settimane. Il ricorso era stato presentato dall’unica clinica dello Stato che ancora permetteva l’aborto.
Secondo quanto espresso dai giudici nella sentenza, “l’aborto presenta una profonda questione morale” e “la costituzione non proibisce ai cittadini di ciascuno stato di regolare o proibire l’aborto”.
La sentenza provoca un terremoto all’interno degli USA, dato che ben 26 stati americani hanno leggi molto restrittive sull’aborto. Alcuni hanno dei limiti che non potevano ancora essere applicati, ma che ora diventeranno effettivi; altri, invece, potranno far entrare subito in vigore i divieti.
Moltissime le reazioni del mondo politico, specialmente negli Stati Uniti. Il presidente USA, Joe Biden, ha già fatto sapere che le donne “devono rimanere libere di viaggiare in sicurezza in un altro stato per cercare le cure di cui hanno bisogno”.
Biden ha parlato di “giorno triste” e “tragico errore”, affermando che ora sono a rischio “la salute e la vita delle donne nel Paese”. Il presidente ha poi sottolineato che però ora la palla passa al Congresso, lanciando un appello affinché venga ripristinato il diritto all’aborto come legge federale.
Proprio in merito agli spostamenti delle donne che vorranno sottoporsi all’aborto, alcuni importantissimi marchi hanno già fatto sapere di essere disponibili a pagare tutte le spese per le loro dipendenti.
Meta ha precisato che “pagherà le spese di viaggio per le dipendenti che avranno bisogno di accedere all’assistenza sanitaria e ai servizi riproduttivi in un altro Stato”, e lo stesso sono disposte a fare anche Microsoft, Apple e Amazon.
Anche il famoso brand di articoli sportivi Patagonia ha sottolineato che “coprirà le spese di viaggio, alloggio e procedure nel caso le dipendenti avessero la necessità di recarsi un un altro Stato federato per porre fine a una gravidanza”.
Il dubbio è che più che per difendere i diritti delle proprie dipendenti, lo facciano perché è più conveniente pagare le spese per l’aborto che il congedo parentale.
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