A seguito dell’ondata di siccità che sta prosciugando mezza Italia, il governo Draghi sta preparando un decreto ad hoc
Il Po è ai suoi minimi storici, nel Lazio è stato proclamato lo stato di calamità fino al 30 novembre, in Piemonte i danni stimati nel settore agricolo ammontano a 900 milioni di euro e in Lombardia a 2 miliardi.
Nella provincia di Verona 40 comuni hanno già adottato il razionamento idrico, mentre in Emilia Romagna l’assenza l’acqua ha comportato, oltre che danni nel comparto agricolo, i primi stop delle centrali idroelettriche.
Un quadro solo parziale della gravissima situazione idrica in cui sta versando l’Italia, e che ha spinto il governo Draghi verso l’adozione di misure di emergenza con un decreto ad hoc.
La situazione italiana dal punto di vista della siccità è talmente critica che per essere sintetici sarebbe più utile elencare le regioni toccate di meno dalla problematica.
L’assenza di pioggia, infatti, sta mettendo in ginocchio letteralmente tutta l’Italia, in particolare alcune regioni del Nord.
Il Piemonte si aggiudica il triste record per quanto concerne la problematica della siccità. Le acque del Po sono la dimostrazione più eclatante di questo fenomeno.
Il fiume più importante d’Italia non era così secco da ben 70 anni, e il Lago Maggiore ha perso, nel giro di tre giorni, almeno un metro d’acqua.
I danni stimati ammontano, come anticipato, a 900 milioni di euro, come stimato dalla Coldiretti che ha reso note queste informazioni attraverso una nota.
I comuni in cui l’acqua è stata dimezzata sono 200, e in 145 la situazione potrebbe essere realmente drammatica.
Sono stati necessari i rifornimenti con autobotti per riempire le cisterne.
In Valle d’Aosta i nevai sono già scolti come fossimo ad agosto. L’acqua presente nei manti nevosi, come riporta il Messaggero, è in calo del 50%. Dal 2002 è il dato storico peggiore.
Nel Lazio il presidente della regione Zingarelli ha proclamato, fino al prossimo 30 novembre, lo stato di calamità.
Nel decreto si legge che la richiesta dello stato di calamità è stata avanzata “a causa della grave crisi idrica determinatasi per l’assenza di precipitazioni meteorologiche ed in conseguenza della generalizzata difficoltà di approvvigionamento idrico da parte dei Comuni“.
Si pone, inoltre, all’attenzione della Protezione Civile, la richiesta di poter emanare lo stato di emergenza “sulla base della evoluzione degli scenari di severità idrica in corso”.
La situazione più allarmante è quella nel Viterbese. Sono a rischio particolare il Lago di Bracciano e il Tevere, che ha un calo preoccupante. Il lago, invece, è -107 cm, un livello di diminuzione considerato critico.
Anche in Veneto la situazione non è certamente rassicurante. In 40 comuni è già scattato il razionamento idrico, ed anche in questa regione il Po inizia ad essere sofferente.
Come lo sono l’Adige e il Piave. La media delle precipitazioni rispetto all’anno scorso è scesa del 40%.
Il ministro della transizione ecologica Cingolani ha parlato di “work in progress” e nella serata di ieri, nel frattempo, al Mipaaf si è svolta una riunione con il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli, il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio e dei capi gabinetto del Mipaaf e del Mite.
Curcio ha reso noto come vi sia attualmente in atto uno stretto collegamento con i presidenti delle regioni, le quali a loro volta sono al lavoro per andare ad individuare dei criteri per poter dichiarare, come richiesto dal Lazio, lo stato di emergenza.
Una volta che le regioni avranno dato vita alle proprie istruttorie, si procederà con un Dpcm predisposto con la Protezione Civile che andrà poi trasmesso al Consiglio dei Ministri.
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