Un fatto davvero increscioso è stato scoperto all’interno del Palazzo di Giustizia di piazza Verga, a Catania. A commetterlo è stato qualcuno che non vi aspettereste.
La situazione è saltata fuori nelle ultime ore e vede come protagonista il Palazzo di Giustizia di piazza Verga, nella città siciliana di Catania e, potrebbe sembrare strano e al tempo stesso non poi così strano, un giudice.
Le indagini hanno anche scoperto l’identità del giudice che si è ritrovato a commettere un atto abbastanza compromettente. Specialmente se svolto sul proprio posto di lavoro. Ma vi starete chiedendo cosa sia successo nel dettaglio? A riportare la notizia è stato il quotidiano regionale ‘La Sicilia’.
All’interno di un armadio del Palazzo di Giustizia sono state ritrovate decine e decine di bottiglie di plastica, quelle da mezzo litro di acqua, piene fino all’orlo di un liquido di colore giallastro. Un mistero che è stato semplicemente risolto dopo una breve serie di indagini: si tratta di bottiglie piene di urina umana.
È bastato poco per scoprire l’identità del giudice civile che aveva riempito l’armadio di bottigliette gialle, che una volta beccato ha confessato di aver compiuto quello che si potrebbe definire un gesto quanto più imbarazzante. Lo ha fatto durante la pandemia da Covid (che è durata a lungo, ma non ci è dato sapere quante bottigliette ci fossero di preciso o quanto a lungo effettivamente il giudice abbia utilizzato il dubbio metodo per svuotarsi la vescica).
Durante l’emergenza sanitaria il giudice civile ha decretato che, dato l’alto rischio di contrarre il virus a causa della ‘promiscuità’ dei bagni pubblici del Palazzo di Giustizia, fosse più sicuro per la sua salute creare questa sorta di water portatile in formato mini e poi nasconderne a decine in un armadio.
La situazione non sarebbe mai saltata fuori -o perlomeno sarebbe successo magari tra qualche anno- se in città non fossero arrivati i nuovi funzionari dell’Ufficio per il processo. L’arrivo dei nuovi impiegati ha conseguentemente dato il via alla ricerca degli uffici in cui collocarli.
Per questo nell’edificio di piazza Verga è stato dato il via ad un vero e proprio trasloco di massa, per cercare di liberare più uffici, stanze e scrivanie possibili. A questo punto è stato inevitabile il ritrovamento dell’armadio incriminato e sono partite le indagini per scoprire l’artefice del fatto.
L’identità del colpevole non è stata confermata ma nemmeno smentita: al momento un nome spunta sopra agli altri, quello del giudice civile Francesco Mannino. Dopo l’iniziale ritrovamento il giudice ha ammesso la sua ‘colpevolezza’ e ha confessato di aver utilizzato anche un altro armadio, questo chiuso a chiave.
Una volta aperto anche lì sono state ritrovate altre bottiglie, sempre le stesse da mezzo litro ma certamente non piene d’acqua potabile. Adesso il giudice è sotto indagine, non si sa se verranno presi provvedimenti disciplinari in merito, ma è certo che ad oggi è difficile capire quale sia il reato da lui commesso, o se esista.
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