La tragica morte di Gunther Messner durante la scalata del Nanga Parbat è tornata al centro dell’attenzione proprio in queste ore: è stato ritrovato il secondo scarpone dopo 52 anni.
In queste ore si è tornati a parlare della tragica morte dello scalatore altoatesino Gunther Messner, deceduto nel 1970 dopo aver raggiunto la vetta del Nanga Parbat insieme al fratello Reinhold. La spedizione aveva lo scopo di aprire una via tradizionale verso la vetta attraverso la parete Rupal, la più complessa per raggiungere la vetta.
In origine era previsto che Gunther, fratello minore e scalatore meno noto di Reinhold, accompagnasse la spedizione solo fino ad un certo punto e che poi fosse solo il maggiore dei fratelli Messner ad affrontare l’ascesa e aprire la via per la scalata. Gunther però volle accompagnarlo e insieme a lui è giunto sino alla cima.
In maniera miracolosa Reinhold riuscì a raggiungere il campo base poco prima che venisse smantellato e a salvarsi. Gli altri scalatori coinvolti nella spedizione, infatti, avevano pensato che per i due fratelli altoatesini non vi fosse più nulla da fare e stavano per partire senza aver effettuato una ricerca. Il ritorno in solitaria di Reinhold venne visto come sospetto dallo scalatore Herrligkoffer, il quale lo accusò apertamente di aver abbandonato il fratello per salvarsi la vita.
Anche gli altri scalatori coinvolti nella spedizione lo accusarono di aver lasciato morire il fratello, ma la versione di Max von Kienlin e Hans Saler era ancora peggiore: secondo loro infatti, Reinhold avrebbe fatto scendere il fratello dalla parete Rupal da cui erano saliti, senza informarlo del fatto che il versante Diamir fosse il più semplice da percorrere. Lo fece, a detta loro, per poter dire di essere stato il primo ed unico ad essere sceso da quel versante.
Ovviamente Reinhold ha sempre smentito le accuse nei suoi confronti e nel 2005 è arrivata la conferma della sua versione. La popolazione locale ha trovato il corpo di Gunther a 4600 metri di altezza sul versante Diamir. Dopo l’esame del DNA è stato dunque chiaro che si trattò di un tragico incidente e che le accuse nei confronti di Reinhold erano infondate.
All’epoca del ritrovamento Reinhold si scagliò contro i suoi accusatori: “Mi hanno chiamato fratricida per la volonta’ di alcuni di fama e soldi. Si tratta di un vero e proprio crimine. Il ritrovamento dei resti e di uno scarpone dimostrano senza ombra di dubbio che Günther è morto durante la discesa e non è stato abbandonato da me durante la salita”.
Dopo il ritrovamento del secondo scarpone nelle scorse ore, Messner ha ribadito quanto detto nel 2005: “Il ritrovamento del secondo scarpone di mio fratello Günther sul versante Diamir del Nanga Parbat è solo la conferma della conferma e di quanto io ho sempre detto”, ha dichiarato all’agenzia Ansa. Il ritrovamento chiude definitivamente un caso rimasto aperto per 52 anni: “Ora il ghiacciaio ha restituito anche il secondo scarpone. Io sono in pace con me stesso e con l’intera vicenda, i dietrologi ci saranno sempre, ma questo non importa”.
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