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Interni

“Casino legalizzato”: 28 milioni per l’intimità dei carcerati | Esplodono le polemiche

La bordata di Dagospia nei confronti nell’iniziativa del governo sulla questione della sessualità in carcere. Ma cosa fanno, invece, gli altri paesi d’Europa?

Di Love Rooms e Casette d’amore per i colloqui “intimi” in carcere se ne parla, oramai, da tantissimi anni.

Era il 1999 quando la Repubblica pubblicava un breve editoriale nel quale veniva affrontato il tema della sessualità in carcere nell’ottica di un confronto con quello che viene fatto nel resto d’Europa.

Segno, questo, di quanto il dibattito sia stato ampiamente sviscerato da almeno 23 anni.

Eppure l’iniziativa del governo di stanziare 28,3 milioni di euro per la costruzione di “casette” all’interno delle case circondariali in Italia per “le relazioni affettive dei carcerati” incontra la facile ironia di Dagospia, che con un titolo al vetriolo definisce l’iniziativa una sorta di “Casino legalizzato”.

Ma in cosa consiste realmente la proposta, finalizzata a consentire ai detenuti di vivere la sessualità in modo dignitoso? E come si comportano gli altri paesi europei?

Casette dell’amore per la sessualità dei detenuti: l’iniziativa del governo incontra molte critiche

Attraverso un’azione combinata da parte del ministero dell’Economia e quello della Giustizia cui fanno capo, rispettivamente, Daniele Franco e Marta Cartabia, è stato dato il via libera per un importante stanziamento di denaro finalizzato alla costruzione delle cosiddette “casette d’amore”, note già come “love rooms”.

L’iniziativa, in soldoni, consiste nella costruzione di prefabbricati nella casa circondariale di ciascuna regione, andando ad intervenire attraverso le ristrutturazioni laddove esistano già piccole strutture che saranno riadattate a mo’ di appartamento.

Il diritto alla vita affettiva in carcere, di fatto, era totalmente assente in Italia, a dispetto di altri Paesi europei dove, in tal senso, si era già intervenuti.

La proposta era già in ballo da un po’. Già il ministro Orlando, assieme agli Stati Generali dell’Esecuzione Penale, ossia una sorta di commissione di “super” esperti in materia di carcere e detenuti voluta dall’allora ministro, aveva proposto prima del 2016 l’istituto della “visita” differente dal classico “colloquio”, che sarebbe dovuto avvenire senza il personale di sorveglianza.

I tempi, evidentemente, sono maturi. Attraverso uno stanziamento di 28,3 milioni di euro saranno realizzate venti casette dell’amore entro fine anno.

L’obiettivo? Quello di “ospitare”, come scrive Franco Bechis su “Verità&Affari”, i detenuti sottoposti a regime di carcere duro che non possono godere di alcun permesso premio per un massimo di 24 ore al mese per poter avere rapporti sessuali con la propria consorte, la fidanzata o un’amante che sarà ammessa, solo per tale ragione, nella casa circondariale.

Nei “moduli abitativi”, come li ha definiti il governo, sarà permesso ospitare fino a 3 detenuti con le rispettive consorti. 

Un intervento che il governo ha motivato così’:

“Nell’ambito del panorama italiano lo strumento attraverso il quale meglio si realizza la soddisfazione dei bisogni affettivi e sessuali del detenuto e attualmente ancora quello del permesso premio, di cui all’art. 30 ter O.P., che la legge prevede anche al fine di coltivare interessi affettivi. Tale beneficio, tuttavia, non costituisce una soluzione al problema, non essendo fruibile dalla generalità dei detenuti: esso infatti e riservato ai soli condannati che si trovino nelle condizioni descritte dalla legge”.

Ed effettivamente è così. Seppur per molti sarà difficile comprendere, in questo momento di difficoltà economica, un intervento del genere, quest’ultimo era quanto mai urgente.

Carcere e sessualità: la situazione nel resto d’Europa

Attualmente si stima che siano 31 su 47 gli stati membri europei che hanno già garantito il diritto alla vita affettiva e sessuale in carcere.

Già nel 1999 tutto il Nord Europa, Svizzera compresa, si era adeguato a questa situazione.

Differenti la modalità, ma uguale la sostanza. Si va dalla possibilità di usufruire di colloqui, per così dire, “prolungati” alle strutture specifiche come queste italiane, già esistenti dagli anni ’90 in Svizzera, Francia, Germania, Svezia e Norvegia.

Un piccolo chalet utilizzato in Svizzera come “casetta” dell’amore per i detenuti

Attualmente in Croazia, come segnala Il Post, sono previsti fino a 4 colloqui al mese di quattro ore non sorvegliati con il proprio coniuge.

Anche in Spagna è prevista la possibilità di incontri in “stanze” non sorvegliate.

Indice, questo, di quanto poco spazio ci sia per l’ironia in una materia che tratta i diritti di vite umane.

Martina De Marco

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