Nel corso dell’ultima puntata di Report, andata in onda ieri sera su Rai 3, è stato molto seguito il servizio intitolato I sommersi e i salvati di Mariupol, con la troupe che ha effettuato riprese e raccolto testimonianze nella città ucraina distrutta dai bombardamenti.
All’inizio del reportage, che dura all’incirca 13 minuti, la troupe di Report comincia a mostrare ciò che rimane di Mariupol, importante città ucraina di circa 450.000 abitanti, situata nell’oblast’ di Donetsk e capoluogo dell’omonimo distretto.
Fin dall’inizio dell’invasione russa Mariupol è stata sotto attacco: la città è uno dei principali obiettivi di Vladimir Putin.
Nei primi minuti, il filmato si sofferma sugli edifici di Mariupol massacrati dalle bombe, con la popolazione locale che cerca di assicurarsi acqua, provviste e legna (anche per mettere in sicurezza le abitazioni).
Dopo poco le immagini rivelano ciò che resta del Teatro d’Arte drammatica di Mariupol, colpito il 16 marzo 2022. La devastazione ha provocato pesanti danneggiamenti e moltissimi morti: finora il numero ufficiale è di circa 130 vittime, ma secondo il governo ucraino sono in 300 ad aver perso la vita nell’edificio.
La troupe di Report mostra anche l’intervista ad un testimone fatta da una TV russa, dove viene caldeggiata l’ipotesi di un attentato del battaglione ucraino Azov, come d’altronde sostenuto da Mosca: al contrario, per il governo cittadino e le fonti internazionali la strage sarebbe stata causata da un aereo russo.
“Siamo stati senza acqua, senza luce, senza cibo”, racconta una famiglia, parlando dei giorni dell’assedio e dei bombardamenti. Fanno presente che lasciare Mariupol era praticamente impossibile perché “hanno fatto anche saltare le rotaie”.
“Ci nascondevamo negli scantinati, dormivamo sul pavimento, tra la polvere”: sono le parole di una rifugiata di 76 anni, appena arrivata a Donetsk. Le immagini sono del 19 aprile scorso.
“Per 50 anni io e mio marito abbiamo risparmiato per arredare la nostra casa – prosegue la signora – Ora c’è solo cenere ovunque”. Una ragazza afferma inoltre che il battaglione Azov ha sparato contro la sua abitazione: “Avevano la bandiera ucraina sulla divisa, non erano i russi”.
Nella parte finale del reportage, la troupe torna a Mariupol e si dirige in uno dei quartieri dove la popolazione è a maggioranza russofona. Non a caso, i residenti chiamano i militari della Repubblica di Donetsk (che forniscono viveri) come ‘liberatori’.
Un’altra famiglia fa presente come i colpi provenissero dai carri armati ucraini: “Siamo rimasti nel seminterrato per nove giorni consecutivi”.
“E’ stata l’Ucraina che ci ha bombardati, non la Russia”, afferma un signore, mentre un altro abitante di Mariupol entra maggiormente nel dettaglio: “Tutto questo lo hanno fatto i neonazisti ucraini dell’Azov. Vivevamo e lavoravamo tranquillamente fino al 2014, poi ci hanno vietato di parlare in russo. Noi siamo sempre stati vicini alla Russia”.
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