Nel tribunale di Caltanissetta si riaprono le carte del processo più delicato, più controverso della storia italiana, o meglio, “il depistaggio”: quello della strage di via d’Amelio. Falsi colpevoli presi con false testimonianze, e la versione di Luciani, il pm, è la stessa di Fiammetta, figlia di Paolo Borsellino
Risulta persino difficile scriverne dell’argomento per quanto la materia è scottante e complessa. Ma bisogna pur partire da qualche parte, e in questo caso di parte dalla fine, da un evento che dovrebbe essere sulle prime pagine di tutti ma sembra non destare molta attenzione.
Della Strage di Via d’Amelio se ne sono dette di ogni. Dalla trattativa Stato-Mafia passando per ricostruzioni a tratti sommarie a tratti complottistiche, c’è una versione che, su tutte, ha sempre fatto riflettere chi il caso lo ha seriamente analizzato: quella di Fiammetta, la figlia di Paolo Borsellino.
Ed è proprio la sua, di versione, che oggi trova un corrispettivo in quella del pm Stefano Luciani, che nel tribunale di Caltanissetta sta pronunciato, per rubare una definizione di Mattia Feltri per la Stampa che ritengo più che mai opportuna, “la requisitoria più angosciante che si sia mai sentita in Italia.”
Secondo Luciani gli ergastoli che sono stati dati per la strage di via d’Amelio sono stati inflitti a persone che non c’entravano assolutamente nulla con quello che è successo.
Innocenti, dunque. Condannati, a loro volta, sulla scorta delle dichiarazioni rilasciate da quello che il pubblico ministero Luciani considera un falso pentito: Vincenzo Scarantino.
Quest’ultimo, a sua volta, sarebbe stato inizialmente individuato, poi torturato e poi istruito sul da farsi da parte della polizia. E poi, alla fine, “ritenuto attendibile” dalla procura e dai magistrati.
E’ questa la versione che fa venire da pelle d’oca di Luciani, la stessa poi della figlia Fiammetta, la figlia di Paolo Borsellino che da anni dice la sua.
E il pm si scusa, dal canto suo, per una requisitoria che non ritiene all’altezza di “un processo di questa portata”.
Gli imputati, per ora, sono tre poliziotti, da capire da chi fossero stati incaricati, per aver depistato le indagini sulla strage di via d’Amelio.
Il punto è capire chi, nei palazzi di potere, li abbia imposto di fare ciò. E quali siano state, o meglio quante, le responsabilità dello Stato nella strage che più di tutte, assieme a quella di Falcone, è stato il più basso punto della storia repubblicana italiana.
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