A incastrare l’omicida le sue stesse considerazioni fatte fra sé e sé mentre era alla guida dell’auto del fratello, nella quale canticchiava dopo averlo brutalmente ucciso
Una storia a dir poco grottesca, quasi da serie televisiva noir quella accaduta a Sant’Antonio Abate, in provincia di Napoli, dove si è consumato un efferato fratricidio.
Un delitto premeditato fortemente, e nel quale non emerge solo la benché minima mancanza di rimorso, ma anche una sadica felicità di chi pensa di aver fatto “il botto”.
A incastrare l’omicida le intercettazioni ambientali dei carabinieri, i quali hanno ascoltato in diretta una confessione da brivido.
Brucia vivo il fratello e poi fugge canticchiando e ridendo: il grottesco fratricidio nel napoletano
Quest’assurda tragedia ha inizio il 30 marzo, quando Antonio Martone, un marittimo di Sant’Antonio Abate, progetta quello che, secondo lui, sarebbe stato il colpo del secolo.
Una mossa “da Lupin”, come definisce lui stesso mentre, convinto di aver svoltato la sua vita, se ne va con l’auto del fratello.
Una tragedia consumatosi nelle campagne di Lettere, in provincia di Napoli. I Carabinieri della compagnia locale intervengono per un rogo appiccato, ma ad attenderli qualcosa che non potevano immaginare.
Trovano, infatti, un corpo carbonizzato. Eseguita l’autopsia si scopre un macabro dettaglio: quell’uomo è stato dato alle fiamme mentre era ancora vivo, con i polmoni ancora ricolmi di fumo.
La procedura di identificazione avviene grazie a due elementi chiave: un auto parcheggiata poco più avanti, la sua, e il green pass. Si tratta di Domenico Martone, un 33enne della zona.
Come riporta Fanpage, il pensiero degli investigatori va subito a una possibile esecuzione legata agli ambienti della criminalità, ma si dovranno ricredere subito dopo.
Martone non solo è incensurato, ma non risulta in alcun modo collegato con organizzazioni criminali.
Di professione fa l’operaio, per la precisione il lavoratore stagionale in una ditta della zona che si occupa di conserve.
Poi il dettaglio che fa scattare quella che sarà la pista confermata. Viene fuori, tramite una serie di accertamenti, che il 33enne ha stipulato, l’anno scorso, ben due polizze sulla vita.
E c’è un unico beneficiario: il fratello, che lavora come cuoco sulle navi da crociera.
A confermare il dubbio che l’omicidio fosse riconducibile a lui le videocamere di sorveglianza che hanno ripreso, in fasi diverse, il fratello.
L’uomo non solo viene pescato a girare in quelle zone, ma viene persino ripreso mentre mette nella macchina del fratello una tanica con la benzina.
E’ il 30 marzo, e Antonio viene visto salire in macchina del fratello con un giubotto giallo catarifrangente verso le 18 del pomeriggio.
Antonio, convinto di essere un genio del male, fa un sadico tranello al fratello. Lo fa salire in macchina con la scusa che in auto ci sarebbero dovute salire due donne. E il fratello si fida. D’altronde, chi non lo farebbe?
Ma ad attenderlo ci sarebbe stata una morte, per altro dolorosa, inferta per mano della persona di cui più al mondo si fidava: suo fratello Antonio.
L’auto poi arriva a Lettere, dove c’è la tenuta della famiglia. Sono le 18.26 quando Domenico detto Mimmo viene dato alle fiamme dal fratello mentre è ancora vivo.
“Posso prendere il posto di Lupin”: il delirante monologo diventa una confessione del fratricidio
Ed è qui che arriva l’assurdità di tutta questa vicenda. Convinto di aver fatto il colpo del secolo incassando i 300mila euro dell’assicurazione della vita del fratello, Antonio ritorna in paese, e si reca prima da un geometra e poi da un avvocato.
Aspetta che si faccia giorno e poi chiama l’operatore dell’assicurazione per chiedergli indicazioni su quali fossero le modalità per incassare i soldi della polizza.
“Se scampo anche questa, secondo me o faccio il botto o mi ammazzo solo io, o posso prendere il posto di Lupin”.
Ride e canta in macchina, Antonio, che non mostra neanche il minimo segno di rimorso dopo il brutale fratricidio.
L’uomo parla da solo proprio nella Fiat Panda del fratello Domenico, convinto di essere diventato il mago del crimine e che nessuno lo stesse ascoltando.
Ma si sbagliava. La macchina era stata riempita di microspie dai Carabinieri dopo aver trovato l’auto nella zona del delitto.
Quello che sembra un delirante monologo diventa, di fatto, una confessione. Confessione di una pista che gli inquirenti seguivano già da settimane.
Sospetta, infatti, quella telefonata così repentina all’assicuratore proprio che, guarda caso, è l’unico beneficiario.
E a confermarlo è proprio lui, che nell’auto del fratello brutalmente ucciso intona canzoni all’idea di fuggire in Thailandia con la fidanzata.
“Sciuscià, sciuscià. Dolcezza, dolcezza”, canticchia in macchina il 7 aprile. Poi un momento di lucidità apparente, in cui si chiede se gli inquirenti potessero risalire a lui. Ma si risponderà solo: convinto di essere Lupin, si risponde “tanto non hanno le prove”.
E invece dovrà ricredersi. I magistrati di Torre Annunziata avevano già acquisito tutti i filmati, e mancava solo una cosa, che ha gentilmente fornito di sua spontanea volontà: una confessione.