Il caso di Gianmarco Pozzi finisce in Parlamento, con un’interrogazione apposita, oltre che una lettera al Presidente della Repubblica Mattarella e alla ministra Cartabia. Arriva un’altra novità riguardante il medico legale e la mancata autopsia
Emergono importanti novità nel caso di Gianmarco Pozzi, il giovane pugile 28enne ritrovato senza vita a Ponza nell’agosto del 2020.
Un giallo complesso, inizialmente chiuso come una caduta accidentale o ipotesi di suicidio, ma destinato a far discutere soprattutto per gli errori procedurali che lo hanno caratterizzato.
La versione dell’incidente, ancor meno quella del suicidio, non ha mai convinto la famiglia del giovane campione di kick boxing, la quale ha deciso di intraprendere una lunga battaglia legale.
L’obiettivo dell’accusa è quello di dimostrare che Gianmarco sia stato, in realtà, ucciso, e che tanto le istituzioni e le forze dell’ordine quanto le persone che erano con lui abbiano omesso dettagli importantissimi grazie ai quali il caso sarebbe potuto essere chiuso.
Dopo una prima archiviazione del caso come caduta accidentale, la famiglia, rappresentata dall’Avvocato Fabrizio Gallo, ha richiesto l’apertura di un fascicolo per omicidio, dando vita alle indagini che, a loro volta, hanno sollevato ulteriori dubbi.
Il caso è finito rapidamente sotto l’attenzione dell’opinione pubblica e di programmi quali Quarto Grado, Storie Italiane e Le Iene.
A suscitare scalpore sono stati, soprattutto, gli errori procedurali che sono stati seminati nella prima fase, ma non solo.
Fra questi la mancata autopsia sul corpo martoriato di Pozzi. Una mancanza gravissima, da interpretarsi alla luce del fatto che il corpo di Gianmarco Pozzi, che presentava gravissime ferite ed escoriazioni, avrebbe potuto “parlare”.
Ed è per tale ragione che la famiglia ha deciso di procedere a sporgere denuncia nei confronti del medico legale che prese in carico il corpo di Gianmarco.
Ma questa non è l’unica novità. Intervistato da Periodico Italiano, che segue il caso da tempo, l’avvocato Fabrizio Gallo ha reso noto un nuovo, importantissimo elemento.
Il cellulare di Gianmarco, una delle prove schiaccianti nel caso, sarebbe stato manomesso, rendendo di fatto impossibile accedere al dispositivo sebbene al momento del ritrovamento del corpo fosse integro.
Le mancanze investigative e procedurali, poste all’attenzione nazionale soprattutto da Le Iene, hanno attirato a loro volta l’attenzione del mondo della politica.
Il caso ha suscitato talmente clamore da finire oggetto di un’interrogazione parlamentare a firma dell’On. Silvestroni.
Un segnale, questo, molto forte, che pone in evidenza come gli errori procedurali avvenuti nel corso delle indagini e prima non siano passati inosservati.
Gianmarco Pozzi, il giallo arriva in Parlamento, pubblicata l’interrogazione
L’elemento in assoluto più importante riguarda la pubblicazione, a firma dell’On. Marco Silvestroni iscritto al gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia, di un’interrogazione parlamentare.
Quest’ultima, annunciata in occasione della seduta dell’11 aprile 2022 e indirizzata al ministro della Giustizia, pone come premessa il fatto come, a distanza di oramai due anni, non si sia “giunti ad una risposta plausibile delle indagini e in grado di fare luce sulla morte del giovane”.
Nell’interrogazione a risposta scritta, ancora, si leggono i riferimenti di quanto riportato dal perito di parte assunto dall’accusa, il Prof. Vittorio Fineschi, ordinario di Medicina Legale presso l’Università degli Studi Sapienza e noto per essere stato il perito della famiglia Cucchi.
Nella parte evidenziata dall’Onorevole si legge come Fineschi abbia posto in evidenza la totale mancanza di “tipologie lesive che possano fare supporre l’accidentalità. Inoltre, c’è tutta una serie di lesività anteriormente e posteriormente al dorso che non è assolutamente spiegata”.
Una perizia definita come “inadeguata” da Silvestroni, e che ha spinto la famiglia a sporgere denuncia.
La famiglia di Gianmarco Pozzi denuncia il medico legale per la mancata autopsia
Dopo che il corpo di Pozzi venne ritrovato a Ponza “tra la parete perimetrale di un’abitazione e il muro di contenimento di una vigna a terrazza sull’isola di Ponza, nella zona di Santa Maria”, non venne eseguita l’autopsia ma, bensì, un ispezione cadaverica superficiale.
Nonostante il corpo del campione di kick boxing sia stato ritrovato con l’osso del collo rotto, una vistosa ferita alla testa, ematomi incompatibili con la caduta e segni di un potenziale trascinamento, si ritenne nella sede medico legale opportuno non procedere a un esame approfondito del cadavere.
Per tale ragione la sorella di Gianmarco, Martina Pozzi, fin dal primo momento in prima linea in questa battaglia per ottenere giustizia per il fratello, ha deciso di presentare un esposto nei confronti della Dottoressa che ha eseguito, a Ponza, l’esame cadaverico superficiale.
La lettera del padre di Gianmarco a Mattarella e Cartabia
Nel frattempo il padre di Gianmarco Pozzi, Paolo Pozzi, ha deciso di scrivere una lettera indirizzata al Presidente della Repubblica Mattarella e alla ministra della Giustizia Cartabia.
Dopo la mancata risposta alla prima lettera inviata, Paolo Pozzi ha ritenuto opportuno riscrivere nuovamente ai rappresentanti delle istituzioni con l’obiettivo di sensibilizzare ulteriormente non solo sul decesso del figlio, ma quanto sulle mancanze istituzionali e procedurali che hanno caratterizzato questo giallo in modo anomalo, ultima la procedura per disattivare in cellulare che era in mano a Procura e periti del tribunale.
Nella nota Pozzi esprime di essere consapevole dei passi avanti fatti dal nuovo pm incaricato, Flavio Ricci, ma evidenzia come in lui sia “vivo il timore, che non vorrei si trasformasse in certezza, che a cause delle incompetenze istituzionali, anche per mano di personale tecnico chiamato, la prova dell’omicidio di mio figlio sia ormai persa”, si legge nella lettera.
Il padre, poi, esprime il bisogno di “risposte certe” da parte di una Giustizia nella quale vuole continuare a credere nonostante quello che è accaduto alla sua famiglia, definendosi un “padre arrabbiato e sfiduciato da tutto e tutti”.
Parole, le sue, fortemente toccanti, che esprimono il dolore non solo di chi ha perso un figlio ma di chi, a distanza di due anni, non riesce a ottenere giustizia.