Una delle onde d’urto più significative avvertite al di fuori dell’Ucraina dall’invasione russa non è avvenuta in Europa, ma in Africa. Le maggiori riserve di grano nel continente provengono, infatti, dalla Russia, dalla Francia e dall’Ucraina. Come ha fatto notare Statista, la società di intelligence economica africana, Concerto, stima che le importazioni russe e ucraine rappresentino il 30% di tutto il consumo di grano africano. Nel caso dell’Egitto, ad esempio, questa cifra si aggira pericolosamente all’80%.
Parlando ad Arab News alla fine di febbraio, Nader Saad, un portavoce del governo egiziano ha affermato che il Paese ha una scorta in grado di fornire grano alla popolazione per nove mesi, aggiungendo però che: “L’Egitto sta lavorando a un piano per importare grano da altre paesi, non solo dalla Russia e dall’Ucraina, visto che il Cairo ha contatti con altri 14 Paesi abilitati alla fornitura di grano, alcuni dei quali non europei”.
Quindi, mentre l’Africa e il mondo si preparano a far fronte a un calo importante delle forniture di grano, i prezzi aumentano in modo significativo: l’indice dei prezzi alimentari delle Nazioni Unite, ovvero quello della FAO, ha raggiunto livelli record a febbraio, con gli aumenti di grano, latticini e oli vegetali in testa alla classifica.
Insomma, stiamo parlando di una situazione abbastanza complicata. Come avevamo già scritto, vivere in un mondo globalizzato significa, di contro, dipendere – così come abbiamo visto in Italia per il gas russo – da altri; un’interdipendenza che se mina la stabilità di un Paese, porta a picco anche gli altri, soprattutto i paesi in questione sono quelli che hanno bisogno maggiore di aiuto.
Il Kenya è un altro paese per il quale gran parte delle forniture di grano proviene da Ucraina e Russia. Sempre Statista fa presente che, Paloma Fernandes della Cereal Millers Association in Kenya, in un’intervista rilasciata al quotidiano tedesco Der Spiegel, aveva già avvertito a inizio marzo che: “Qui i prezzi del grano sono già esplosi e i mugnai hanno scarso accesso ai capitali”, mentre un’ambulante, Beatrice Atieno, ha riassunto così la situazione attuale: “A volte andiamo a letto affamati perché la vita è diventata così cara… Il pane, in particolare, è qualcosa che non posso più permettermi di comprare. Mangiamo le patate a colazione”.
Il granaio d’Europa allarma l’UNCTAD
La Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo è il principale organo sussidiario permanente dell’Organizzazione delle Nazioni Unite operante nei settori del commercio, sviluppo, finanza, tecnologia, imprenditoria e sviluppo sostenibile ed è ancora di più in fermento e sotto pressione da quando è scoppiata la guerra in Ucraina.
Proprio per questo, l’UNCTAD ha preparato una rapida valutazione dell’impatto della guerra sul commercio e lo sviluppo, nonché sulle questioni interconnesse ai settori della finanza, tecnologia, investimenti e sviluppo sostenibile. Com’era prevedibile, come in ogni momento di crisi che si rispetti, i risultati hanno confermato un rapido peggioramento delle prospettive dell’economia mondiale.
Sono aumentati, infatti, i prezzi di cibo, carburante e fertilizzanti, fomentando anche, di contro, il disinvestimento nello sviluppo sostenibile. Questa situazione in rapida evoluzione è seriamente preoccupante per i paesi in via di sviluppo, soprattutto per quelli africani, molti dei quali sottosviluppati e maggiormente esposti agli effetti della guerra in Ucraina per il prezzo delle materie prime, nonché dei mercati finanziari.
Si corre il rischio, a lungo andare, di andare incontro a disordini civili all’interno dei villaggi a causa della prossima carenza di cibo e della conseguente recessione economica, dettata dall’attuale inflazione dilagante. La Guerra, i cambiamenti climatici e l’ accaparramento rendono i cereali più costosi e rari. Se l’occidente può sopportare un aumento dei prezzi, molti paesi africani rischiano carestie gravissime. Il prezzo del pane in Africa, infatti, potrebbe aumentare del 30 per cento in diversi paesi del continente, provocando instabilità politica e crisi violente.
Per farci un’idea, nel biennio 2018-2020, l‘Africa ha importato 3,7 miliardi di dollari di grano, il 32 per cento del totale delle importazioni di grano africano, dalla Federazione Russa e un altro 1,4 miliardi dall’Ucraina, in questo caso il 12% delle importazioni totali di grano africano. Uno sguardo più attento ai singoli paesi africani, compresi alcuni meno sviluppati, rivela quindi una maggior dipendenza di grano da Mosca che non da Kiev. Fanno un’eccezione la Somalia, la Libia e la Tunisia, tutte e tre più legate alle importazioni di grano proveniente dalle campagne ucraine.
Ben 25 paesi africani, di cui molti meno paesi sviluppati, importano più di un terzo del loro grano dai due paesi in conflitto, e 15 di loro ne importano oltre la metà. La ricerca condotta dall’UNCTAD include principalmente le economie del Nord Africa e dell’Africa orientale, oltre ad alcuni paesi dilaniati dai conflitti interni e dall’enorme precarietà nel garantire il corretto sostentamento alimentare.
Inoltre, il margine di manovra per sostituire le importazioni dalla Federazione russa e dall’Ucraina attraverso l’Africa è estremamente risicato: l’offerta regionale di grano relativamente piccola e la mancanza di trasporti efficienti ed infrastrutture adeguate in molte parti del continente, inibiscono di molto il mercato dell’import-export africano.
Ma mentre si aspettano prossimi sviluppi per capire quale direzione stia prendendo l’economia globale, a causa anche delle severe sanzioni economiche in Russia, Maximo Torero, capo economista e vicedirettore della FAO, ha affermato che i prezzi dei generi alimentari erano già alti prima che la Russia invadesse l’Ucraina, a causa degli effetti della pandemia di Covid-19.
E l’ulteriore tensione della guerra non farebbe altro che far precipitare disastrosamente il sistema alimentare globale: “Avevamo già problemi con i prezzi del cibo” – ha detto al Guardian in un’intervista – “Quello che i paesi stanno facendo ora sta solo esacerbando i problemi e la guerra ci sta mettendo in una situazione in cui potremmo facilmente cadere in una crisi alimentare“.
Oltre l’Africa, infatti, almeno altri 50 paesi dipendono dalla Russia e dall’Ucraina per il 30% o più della loro fornitura di grano e molti paesi in via di sviluppo in Asia e nel vicino oriente sono tra i più dipendenti. Ma c’è di più. L’Ucraina e la Russia sono anche i principali produttori di fertilizzanti, i cui prezzi erano già balzati a causa dell’aumento del costo dell’energia. L’ulteriore impennata dei prezzi, legata alla guerra, inevitabilmente impatterà ancora di più la produzione agricola.