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Ius Scholae, tutti i paletti della Lega: ecco che voto sarà necessario per diventare cittadini italiani

Ius soli? No. Ius sanguinis? Nemmeno. Ius culturae? Non se ne parla. Allora a cosa dovrebbero accedere mai i ragazzi e i bambini figli di genitori stranieri per ottenere la cittadinanza italiana? Da due settimane circa si discute dello Ius scholae, ovvero della cittadinanza per chi ha fatto un percorso scolastico in Italia. In questo modo, si estenderebbe la possibilità di ottenere la cittadinanza ai bambini e alle bambine nati in Italia o arrivati prima di avere compiuto 12 anni, dopo aver frequentato le scuole per 5 anni.

Il testo, promosso dal deputato pentastellato Giuseppe Brescia, adottato  dalla commissione Affari costituzionali della Camera, potrebbe raccogliere consensi trasversali in Parlamento, mettendo d’accordo sia il centrosinistra sia un pezzo di centrodestra, da sempre estremamente radicali sul tema dell’acquisizione della cittadinanza. Tuttavia, stiamo parlando comunque di un passaggio preliminare e di un iter lungo e complesso.

L’eventuale approvazione di una riforma della cittadinanza, infatti, prevede che, prima che si arrivi a un voto da parte di Camera e Senato, il testo possa subire modifiche attraverso gli emendamenti. Ed in questo senso la Lega di Matteo Salvini è già all’opera per mettere più di un paletto tra la cittadinanza italiana e quei bambini che frequentano le nostre scuole, restando comunque “stranieri”. Insomma, per loro diventare italiani ha la stessa valenza di un percorso ad ostacoli. Ma vediamo nel dettaglio gli emendamenti proposti dal Carroccio.

Italia, popolo di santi, poeti e navigatori

Tra gli 850 mila figli di immigrati nati o cresciuti in Italia e la tanto desiderata cittadinanza ci sono di mezzo usi, costumi, feste, sagre e tradizioni del nostro Paese: “Non sarebbe un problema se questi ragazzi si sentissero orgogliosamente italiani, condividessero sinceramente i valori della nostra patria, conoscessero la sua storia, si identificassero nella narrazione di libertà, eguaglianza, rispetto della persona umana, tutela del pluralismo che è scolpita in una costituzione ottenuta anche grazie alle sofferenze e ai sacrifici dei nostri padri”, ha scritto il giurista Giuseppe Valditara sulle colonne di ‘Libero’ venerdì scorso.

Le dichiarazione del deputato pentastellato Giuseppe Brescia

Insomma, essere italiani è una cosa seria. Mica deve essere una passeggiata! Ed è proprio in virtù dello spirito italico più nobile che nascono le rimostranze – 484 per la precisione – dei leghisti. Secondo il partito di Salvini, infatti, un ragazzo che voglia diventare italiano, un italiano vero, deve conoscere, in fila: le tradizioni del  Trentino Alto Adige, emendamento 1.192, prima firmataria la deputata leghista trentina Vanessa Cattoi; superare una prova scritta in lingua italiana sulle tradizioni della Basilicata, sulle tradizioni marchigiane, sulle tradizioni valdostane, per cui firma Cristian Invernizzi, originario della Lombardia – che si sia generata confusione? – sulle tradizioni piemontesi,  su quelle abruzzesi, sulle tradizioni calabresi, su quelle romagnole e così via per tutte le regioni italiane, menomale che sono “solo” venti.

Potrebbe sembrare già solo questo ostruzionismo, ma c’è di più. Oltre alle conoscenze territoriali, che nemmeno un italiano nato a Genova o a Palermo conoscerebbe così in dettaglio, un altro aspetto fondamentale per la Lega è il merito. Si potrà diventare italiani, infatti, sono se il voto finale dell’esame di maturità sarà uguale o superiore a 90 su 100 o se la media scolastica sia del 9, un criterio questo che taglierebbe fuori la stragrande maggioranza dei nostri politici, leghisti e non.

K. S.

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