In esclusiva per Periodico Italiano parla Fabrizio Gallo, l’avvocato della famiglia di Gianmarco Pozzi, il giovane 28enne deceduto sull’isola di Ponza nell’agosto del 2020. A distanza di un anno e otto mesi dalla sua morte, emergono due elementi eclatanti che potrebbe condurre a una vera e propria svolta nel caso
Errori procedurali, incongruenze temporali e dichiarazioni contraddittorie: sono questi gli elementi che attraversano la complessa trama del caso di Gianmarco Pozzi, il giovane campione di kick boxing 28enne deceduto il 10 agosto del 2020 sull’isola di Ponza all’interno dell’intercapedine.
Un caso chiuso frettolosamente sia come caduta accidentale che come possibile suicidio, ma che presenta degli elementi che, fin da subito, lasciano pensare a ben altro.
Per la famiglia di Gianmarco, Gimmy, per amici e conoscenti, si tratta di omicidio, ed è con questa consapevolezza che iniziano una complessa battaglia per la verità nella quale continuano a emergere errori procedurali talmente palesi da far pensare che non siano stati del tutto casuali.
L’ultimo, forse uno dei più inquietanti, riguarda il cellulare di Gianmarco. L’unico degli elementi probatori che avrebbe potuto svelare la verità e che, oggi, “parla” eccome.
Omissioni sulla verità, soste inspiegabili del dispositivo elettronico durate mesi e l’impossibilità di poterlo sbloccare hanno, fin da subito, attivato il campanello dall’allarme della famiglia, generando dubbi che, se in un primo momento sono rimasti tali, oggi vengono confermati da prove scientifiche.
Ma procediamo per gradi. Prima di riportare l’intervista rilasciata da Fabrizio Gallo, l’avvocato della famiglia Pozzi, in esclusiva per Periodico Italiano, è necessario fare chiarezza su quello che è stato, fino a oggi, il “mistero del telefono”.
Ne avevamo già parlato in questo articolo, dove abbiamo segnalato come il primo elemento inspiegabile fosse il modo in cui il telefono di Gianmarco sia stato ritrovato.
Come dichiarato dai sanitari del 118 accorsi sul luogo del delitto, arrivati sul posto notano il telefono di Gianmarco sul terreno antistante l’intercapedine. Lo prendono al fine di poter identificare la vittima, e si accorgono della presenza di numerose chiamate e numerosi messaggi.
Il telefono è dunque intatto, ma viene riconsegnato alla famiglia, che ne chiede la custodia, totalmente distrutto.
Un altro elemento fortemente ambiguo riguarda una scheda salva numeri creata il giorno prima del decesso: “Mio fratello avrebbe fatto una scheda salva-telefono contenente numeri di telefono utili in caso di emergenza” ha dichiarato la sorella Martina a Storie Italiane. Numeri di emergenza che, però, sono stati salvati con nomi fittizi.
Questi nomi fittizi corrispondono a quelli del coinquilino, del suo allenatore e della sorella Martina. Ma nessuno di questi era memorizzato con i nomi reali.
Che succede, dunque, al telefono di Gianmarco? E’ vero, come sostenuto dalla procura, che sia stato mandato in Germania al fine di poter accedere alla memoria interna?Ne abbiamo parlato con il legale Fabrizio Gallo, che a seguito del servizio di Storie Italiane, intervistato dal nostro giornale, ha chiarito dei dubbi.
Il telefono di Gianmarco Pozzi è stato disabilitato, ma la perizia dice altro
Fatte le dovute premesse circa le incongruenze e i misteri riguardanti il cellulare di Gianmarco, passiamo a quello che è l’elemento, reso noto oggi a Storie Italiane, che potrebbe ribaltare il caso.
Una novità quanto mai eclatante, rispetto alla quale la famiglia vuole andare a fondo facendo chiarezza sull’accaduto.
Sulla perizia informatica firmata dal Dott. Guarceto, tecnico incaricato da parte del tribunale di accedere al telefono di Gianmarco, si fa riferimento al fatto che, a seguito di una serie di tentativi di PIN da lui realizzati, o per lo meno, come scrive lui stesso, sebbene si scoprirà che non è propriamente così secondo la famiglia, il cellulare si è automaticamente bloccato.
Ma non è così. Il cellulare è stato disabilitato, come spiegherà lo stesso Avv. Gallo. Un procedimento che non è di certo accidentale, ma del tutto volontario.
Come è possibile che sia accaduto ciò, e che il perito Guarceto abbia deliberatamente dichiarato di aver praticamente bloccato il cellulare, quando in realtà è disabilitato?
Un elemento che ha generato indignazione nella famiglia e nell’avvocato, che a Storie Italiane si è chiesto come fosse possibile che “un soggetto della procura che ha in mano le prove di chi ha ucciso Gianamarco, volontariamente vada a disabilitare un telefono al tal punto che è inservibile”.
Caso Pozzi, parla in esclusiva l’avvocato della famiglia Pozzi: emerge un ulteriore elemento sul telefono
D. Avvocato, lei ritiene che il fatto che il tecnico stia mentendo per pressioni esterne ricevute?
R. Ma lo ha scritto lui. Nella perizia di suo pugno lui scrive ‘purtroppo ho fatto incautamente 7/8 tentativi e mi si è bloccato, io pensavo si bloccasse al decimo. Non è così. E’ falso. E’ falso perché non puoi fare 8 tentativi. Dopo 8 tentativi il dispositivo si blocca e ti dice: “Riprova fra un minuto altrimenti disabilito”. Se tu sbagli puoi ritentare dopo 10 min: ‘Guarda hai ancora sbagliato, ti rimando dopo un’ora, poi nuovamente dopo due ore. all’ultimo messaggio che dice ‘adesso te lo disabilito completamente lei mi capisce che è stato volontario o da parte sua, o lui lo ha già ricevuto disabilitato, e dunque ha scritto il falso, ma ha comunque scritto il falso, non è vero che si fanno 7/8 tentativi
D. A tal proposito, Avvocato, leggendo la perizia di Guarceto compare una lista di tentativi di PIN. Lei ritiene che questi tentativi di inserimento di PIN sia stati fatti tutti dal perito o che qualcuno prima di lui abbia tentato di sbloccare il telefono?
R. E certo, lo hanno fatto altri, non lui. Stava già in disabilitazione. Lui si accorge che sta per disabilitarsi, ma non si ferma. Lo sa che il telefono poi è da buttare, “muore”. Tu hai in mano un oggetto che ti dà la Procura in custodia al fine di estrapolare degli atti importantissimi. Per risalire all’autore dell’omicidio, tu che fai? Lo disabiliti affermando di aver sbagliato? Ma non solo. Sbaglia anche la data. La data di Gianmarco non è 21 febbraio, ma 21 gennaio. Ieri lo abbiamo denunciato alla Procura.
D. Lei e la famiglia di Gianmarco, invece, siete al corrente dell’iter che ha fatto il telefono prima che pervenisse nelle mani del perito Guarceto? Ha dei riferimenti di date?
R. Sì. E’ stato inizialmente in custodia dal 9 di agosto al 19 di ottobre, me lo devono spiegare il perché. Non ha fatto nessun giro. E’ rimasto nel cassetto.
D. Dunque quell’ipotesi che il telefono fosse stato inviato in Germania per essere analizzato, è falsa?
R. E’ finta. Ce lo hanno confermato non era vero, non era assolutamente vero. E’ stato chiuso nel cassetto della Procura.
D. Quindi di fatto il telefono rimane a Ponza inizialmente e poi passa a Formia?
R. Rimane ai Carabinieri, prima a quelli di Ponza, poi a quelli di Formia e poi al RIS, ma al RIS perviene quando oramai il telefono era compromesso, quando glielo rimanda Guarceto.
D. Lei ritiene che ci possano essere collegamenti con l’inserimento di quei numeri di emergenza che vengono registrati, per altro in maniera fallace, la notte prima del decesso di Gianmarco?
R. Sì, credo proprio di sì. Ma le voglio dire di più.
D. Cioè?
R. Il 7 di agosto viene effettuato dal telefono di Gianmarco, e questo lo sappiamo perché le email ci sono, contrariamente a tutto il resto che non c’è più, un tentativo che è andato a buon fine, di cambiare la password dell’iCloud. Il 7 di agosto. Un sistema che Gianmarco non sapeva neanche come usare.
D. Come ha più volte riferito il padre, Gianmarco non era particolarmente avvezzo alla tecnologia. Qual è, per lei, l’aspetto grave?
L’aspetto grave è la volontarietà. Che siano i Carabinieri o che sia il tecnico del Magistrato, la disabilitazione è assolutamente volontaria e ripetuta nel tempo, perché l’iPhone, come testimoniano tutti i passaggi che ha fatto il nostro consulente, che ha fatto i passaggi esatti, per disabilitare quel sistema operativo ti ci devi mettere d’intento.
D. Il fatto che la data del 22 luglio, l’ultima a cui risale la memoria disponibile del telefono sia antecedente alla data di partenza di Gianmarco per Ponza, avvenuta il 23 luglio, è una casualità?
R. Sì è una casualità, ma se non c’è nulla sull’isola ci può essere qualcosa prima, dei messaggi Whatsapp ci sono. Magari ci sarà qualcuno dei personaggi importanti che dirà “Ti aspetto, sto venendo” e magari al pm ha detto “No io non l’ho mai sentito”. Questa può essere una speranza.
Non resta dunque che attendere ulteriori sviluppi nelle indagini, nella speranza che si possa venire a capo non solo dell’intricato mistero del telefono, ma di tutte quelle incongruenze che hanno caratterizzato e continuano a caratterizzare uno dei casi di cronaca nera italiana più complessi.