Matteo Salvini sull’Ucraina: “Quando sento parlare di armi non sono mai felice”. Ma è sempre stato così?

E’ da circa un mese che un ecumenico Matteo Salvini, fattosi strumento dell’amore agapico nel mondo, lancia messaggi sui social carichi di speranza, fratellanza e pace. Ora, per quanto il suo “cambio di rotta” possa far ridere, sghignazzare o indignare (a seconda della sensibilità personale), è pur sempre meglio avere una versione del leader della Lega disposta a fungere da disinnesco che non da detonatore. Che sia per opportunismo, viltà, ignavia o sincero pentimento poco importa.

Matteo Salvini
Un visibilmente infelice Matteo Salvini osserva un mitra

Che che se ne dica, infatti, la guerra è una cosa seria, fatta da persone serie, brutali e disposte a tutto. Non è possibile applicare le semplici categorie di pensiero delle tifoserie, dividendo il mondo in buoni e cattivi, significherebbe appiattire deliberatamente una crisi che necessita di spazio, respiro e ragionamento. Ogni conflitto, per sua natura, è il risultato del fallimento del pensiero critico della società umana che noi consideriamo evoluta sotto vari aspetti; in virtù di questo principio guida, la riflessione non va mai ridotta, compressa o semplificata, nemmeno se mossi da caritatevoli intenzioni.

Non siamo più – o non solo – sotto pandemia, quando ogni commento ed intervento, anche dei più folli, era ben accetto perché il nemico era invisibile ed era facile individuare dal fronte comune della bontà e della giustizia e dall’alto dello scranno, in cui ci si è arbitrariamente posti, il capro espiatorio delle nostre colpe.

Ecco perché è sempre meglio avere un Salvini in più e non in meno: “Putin sta conducendo una importante battaglia, non solo per la Russia, ma per tutti noi, lui sta facendo questa battaglia perché non ha accettato l’agenda globalista che è stata imposta pure a noi, quindi a tutti gli Stati dell’Unione europea”, ha twittato la senatrice del Gruppo misto Bianca Laura Granato, eletta con il Movimento 5 Stelle, assente ieri in Parlamento durante l’intervento di Volodymyr Zelensky.

Ed ecco perché sarebbe anche il caso di dimenticare il cantante Povia che sull’Ucraina, ospite da Massimo Giletti a “Non è l’arena”, ha dichiarato: “Dopo 18 giorni di morte e devastazione, Zelensky è irresponsabile quanto Putin, se non di più: dovrebbe abdicare.”

Il (nuovo) vangelo secondo Matteo: Mettete dei fiori nei vostri cannoni

“Qui Montecitorio. Ho apprezzato le parole del presidente ucraino Zelensky che si è collegato in videoconferenza con il Parlamento e ha ringraziato l’Italia per la straordinaria accoglienza che sta garantendo alle famiglie in fuga. In Aula abbiamo ascoltato parole di PACE e di disponibilità al dialogo: speriamo vengano raccolte da Mosca e da chi – anche in Occidente – parla con troppa facilità di armi. La diplomazia dev’essere centrale per la risoluzione del conflitto”, ha pubblicato ieri sui social Salvini, dopo le parole del presidente ucraino, reiterando la sua inedita politica umanitaria.

Tuttavia, sempre nella stessa giornata, Salvini è riuscito ampiamente a superarsi rilasciando una dichiarazione che ha fatto storcere, giustamente, il naso a molti: “Quando sento parlare di armi non sono mai felice. Io sono in difficoltà quando sento qualcuno parlare di armi”, un’esternazione questa che non può passare inosservata. Molti sui social, infatti, hanno ricordato il recente passato del leader del Carroccio, mentre imbraccia armi di ogni tipo. A cominciare proprio dalla fiera delle armi di Vicenza, nel 2019, quando Salvini era Ministro dell’interno.

In quell’occasione l’ex ministro, accolto da una folla in festa – era stata approvata da poco la legge sulla legittima difesa – aveva dichiarato ai giornalisti cosa rappresentasse davvero quella legge: “La legittima difesa non produce più armi e non porta a nessuna deriva: la deriva sono i criminali che entrano nelle case”, non insomma un tacito accordo per favorire la lobby delle armi.

Di seguito l’intervento di Matteo Salvini per ‘La Repubblica’

E due anni dopo, nel giugno del 2021, dopo l’ennesima morte per eccesso di legittima difesa, Salvini disse prontamente che: “L’Italia è uno dei paesi con le regole più restrittive sulla concessione delle licenze per le armi”. Insomma, all’epoca non sembrava essere molto in difficoltà sul tema.

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