Il caso di Michele Merlo, cantante di ‘X-Factor’ e ‘Amici’, morto lo scorso 6 giugno a causa di una leucemia fulminante, continua il suo corso e ora a parlare in merito all’accaduto sono nient’altro che i Carabinieri del NAS.
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Il 28enne di Marostica, stando a quanto riportato dai NAS, sarebbe potuto sopravvivere. Magari non sarebbe guarito del tutto, ma davanti a sé avrebbe potuto avere ancora diversi anni da poter vivere se solo si fossero applicate le giuste terapie.
Il tutto è cominciato il 26 maggio 2021 quando Michele nota un enorme ematoma sulla sua gamba, che va dall’inguine fino al ginocchio. Non avendo alcuna idea di come potesse esserselo procurato contatta il suo medico di base, Pantaleo Vitaliano, allegando alla mail una foto dell’ematoma e chiedendo un “appuntamento urgente”.
La risposta alla mail di Merlo è spiazzante: “La mail è unicamente per la richiesta di terapia cronica. Per qualsiasi altro motivo chiamare in segreteria. Inoltre chiediamo di non inviare foto”.
Da qui inizia il calvario di Michele Merlo, che prima va in Pronto Soccorso dove gli viene assegnato un codice bianco, l’attesa è infinita e Michele se ne va via. A quel punto va da Vitaliano in ambulatorio il quale tratta l’enorme ematoma come un semplice strappo.
La situazione peggiora il 3 giugno quando Merlo contatta nuovamente Vitaliano lamentando dolori alla gola e febbre. Gli viene consigliato un antibiotico e di contattare la guardia medica.
Quando arriva la diagnosi di leucemia è già troppo tardi e Michele Merlo il 6 giugno muore.
“Sintomi trattati con superficialità”: i NAS non hanno dubbi
Gli ispettori che sono stati inviati dalla Regione per chiarire la situazione ammettono che Vitaliano ha agito nel modo corretto, ma i NAS non sono affatto d’accordo e hanno proceduto a iscrivere all’albo degli indagati il medico di base di Michele Merlo.
Stando a quanto riportato dai NAS sia Vitaliano, sia un secondo medico, che lo avrebbe visitato a Bologna diagnosticando una semplice tonsillite, “trattando con superficialità i sintomi suggestivi di leucemia, ne ritardavano la diagnosi compromettendo l’esito delle cure”.
Secondo la Procura di Bologna se la terapia corretta fosse stata applicata immediatamente il 27 maggio il giovane avrebbe avuto la possibilità di morire precocemente pari al 5-10%, una percentuale davvero bassa.