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L’assurda storia di Carlo D’Attanasio, l’italiano dimenticato nelle terribili carceri in Papua Nuova Guinea

La storia del velista pescarese bloccato nelle carceri della Nuova Guinea finisce sotto gli occhi di tutta l’opinione pubblica nazionale dopo il servizio de Le Iene. Ed è polemica.

Abbiamo parlato in questo articolo di alcuni, terribili casi di cittadini italiani bloccati nelle carceri estere, anche di stati golpisti, dimenticati dai media e quasi, praticamente abbandonati dallo stato italiano:

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Oltre a Patrick Zaki, infatti, sono migliaia gli italiani che si trovano spesso ingiustamente in stato di detenzione in carceri estere in condizioni a dir poco disumane e dimenticati da tutti.

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Le Iene

Fra questi c’è il pescarese Carlo D’Attanasio, attualmente detenuto in Nuova Guinea con gravissime accuse cambiate, per altro, in corso d’opera.

Il caso è tornato alla ribalta dopo il servizio de Le Iene, che ha suscitato un enorme clamore.

La storia di Carlo D’Attanasio, detenuto in terribili condizioni in Nuova Guinea e dimenticato da tutti

Carlo D’Attanasio, 52 anni, è detenuto da ben 18 mesi nelle carceri della Nuova Guinea con un’accusa pesantissima: traffico internazionale di stupefacenti.

Cocaina, per la precisione. Sulla testa del cittadino pescarese pende infatti l’accusa di detenzione ai fini di spaccio di ben 611 chili di cocaina. Ma questa, fra l’altro, è solo l’accusa iniziale in quanto cambierà, come vedremo, in corso d’opera.

Carlo si proclama da sempre innocente, e, nonostante i tentativi, si è detto abbandonato sia dall’ambasciata italiana in Australia che dal ministero degli Esteri in Italia.

La storia di Carlo inizia da un sogno: quello di girare il mondo in barca a vela. E così, armato di coraggio e della sua imbarcazione, ha deciso di lanciarsi in questa folle avventura nel giugno del 2019 dopo due primi tentativi andati male.

Come specificato da Le Iene, però, Carlo non decide di farlo con una barca oceanica, ma con un’imbarcazione a vela di soli 14 metri.

Ed è con questa nave che D’Attanasio inizia il suo viaggio dalla Spagna, precisamente da San Pedro del Pinatar, passando per mete quali Canarie, il Canale di Panama per poi sostare alle isole Christmas delle Kiribati vicino le Hawaii.

Mentre Carlo si avventura fra le acque internazionali rimane all’oscuro dell’arrivo della pandemia che, in quel momento, era alle porte del mondo.

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Necessitando di uno scalo, approda a marzo del 2020 sulle coste della Papua Nuova Guinea, sopra le coste dell’Australia.

In quel momento, come racconta Carlo stesso, sull’isola era vietato l’approdo di imbarcazioni senza aver prima fatto una quarantena, che il velista ha fatto in un’isoletta a circa mezz’ora dalla Nuova Guinea.

Carlo rimane lì da marzo ad agosto. Dopo aver fatto le riparazioni necessarie alla sua imbarcazione, decide di fare gli ultimi preparativi prima di ripartire ma, proprio due giorni prima della partenza, viene arrestato.

In quelle ore, dall’altra parte dell’isola, si schianta un aereo diretto in Australia. Nel piccolo velivolo erano presenti 611 chili di cocaina diretti, appunto, in Australia.

Vengono arrestati due cittadini papuanesi, fra cui il pilota dell’aereo che si costituisce subito alle forze dell’ordine.

Mentre Carlo si apprestava a mollare gli ormeggi, viene arrestato anche lui.

Ma come è possibile? Come racconta D’Attanasio i due co-accusati della polizia riconoscono l’italiano come colui che li avrebbe consegnato la merce.

A quanto riferito dal velista pescarese, la situazione in Nuova Guinea è alquanto tesa. Se i due accusati, infatti, non avessero fatto il nome del “fornitore”, avrebbero rischiato persino la vita poiché, come riferisce il diretto interessato, le ripercussioni sono a dir poco serie e “quando dico serie si rischia qui che la polizia ammazza il prigioniero”.

I due spacciatori internazionali vengono rinchiusi nella stessa cella, ma nessuno dei due, ovviamente, conosce D’Attanasio.

Ma non solo. Come riferito, un terzo accusato “nella testimonianza scritta e firmata dichiara di non avermi mai conosciuto e incontrato e che la persona che ha fornito loro la cocaina non ero io”.

Da quel momento, per il cittadino italiano, inizia l’inferno. Il processo viene costantemente rinviato, anche se le indagini della polizia sono terminate ufficialmente l’11 gennaio 2021.

Nonostante l’avvocato di Carlo D’Attanasio abbia dimostrato l’inconsistenza delle prove riguardanti l’accusa a suo carico, a distanza di un anno e mezzo è tutto fermo.

Un mese e mezzo dopo il pescarese riesce ad ottenere un incontro con il console Simon Nutley in carcere.

Nutley, sentito da Le Iene, ha riferito che Carlo sta bene e di aver mandato un suo referente a portagli del cibo.

Nonostante tali dichiarazioni, però, Le Iene riescono a mettersi in contatto con Padre Giorgio, un missionario che fa volontariato proprio lì in Nuova Guinea il quale ha dichiarato di non aver mai incontrato il console in questione.

Quest’ultimo, inoltre, non avrebbe dimostrato il benché minimo interesse rispetto agli italiani presenti sull’isola.

Il console, inoltre, non è italiano ma australiano e parla solo l’inglese.

Ma dell’innocenza di Carlo non è solo convinto il missionario Padre Giorgio, ma anche la stessa struttura carceraria e il suo direttore che, come riferisce lo stesso Carlo, sanno “al 100% che io sono innocente”.

Il console “italiano”, che ha una società di avvocati, ha messo a disposizione una sua collaboratrice che è, in realtà, figlia del Pubblico Ministero, ossia di chi sta accusando D’Attanasio.

Un’informazione che il console dice di non aver mai saputo. Stranamente.

Il cambio delle accuse e l’atteggiamento della Farnesina

Ma questa assurda vicenda non è finita qui.

L’accusa nei confronti di D’Attanasio, come riportano i giornali locali, cambia in corso d’opera. 

Da spaccio internazionale diventa, infatti, riciclaggio di danaro sporco ai fini di finanziamento di terrorismo internazionale.

Il ministero degli Esteri, come testimoniato dalle ripetute email inviate da Simonetta, amica di D’Attanasio, è al corrente della situazione, ma scarica la responsabilità all’ambasciata e al ministero della Nuova Guinea che, a sua volta, le scarica sul console australiano che dovrebbe rappresentare l’Italia pur non conoscendo la lingua.

Nel frattempo Carlo rimane detenuto in una cella dove i servizi igienici sono inesistenti, le condizioni sono a dir poco terribili e gli omicidi sono all’ordine del giorno.

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Fortunatamente D’Attanasio è stato recentemente trasferito nel reparto medico e gli è stato persino messo a disposizione un cellulare con cui comunicare con Simonetta, l’amica.

Il rischio più alto, però, è che le immagini divulgate dal pescarese riguardanti le condizioni del carcere lo mettano in serio pericolo, portandolo a un peggioramento delle sue condizioni.

Come se non bastasse la Farnesina ha inviato una richiesta di ben 2.600 euro per poter eseguire esami specialistici a Carlo in carcere, un preventivo fornito direttamente dal console onorario.

Nessuno, però si interessa di Carlo, che potrebbe avere persino un tumore allo stomaco in quanto ha sangue nelle feci da mesi.

Qualsiasi diritto di visite mediche gratuite è anche annullato per Carlo, che rischia letteralmente la vita.

Martina De Marco

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