Malgrado il Qatar si stia preparando ad ospitare a fine anno i mondiali di calcio maschili, al momento continua a far parlare di sé e non positivamente. Al centro delle polemiche vi è la condizione femminile all’interno del paese, una delle più asfissianti in assoluto.
Dopo, infatti, la storia della giornalista neozelandese, respinta dal proprio paese natale a causa delle rigide restrizioni anti-Covid, che ha dovuto chiedere asilo ai talebani perché è illegale rimanere incinta al di fuori del matrimonio nell’emirato – molte donne che rimangono incinte di un figlio illegittimo vengono incarcerate – l’attenzione mediatica, e non solo, si è spostata ora su Noof al-Maadeed, giovane attivista femminista qatarina.
Noof al-Maadeed ha solo 23 anni, ma si è battuta con coraggio sui social per far sapere al mondo gli abusi giornalieri a cui sono sopposte le donne qatarine ogni giorno. Per farlo, però, è stata costretta a fuggire a Londra con un piccolo escamotage: alle ragazze minori di 25 anni e non sposate senza il permesso di un membro maschile della famiglia (padre o fratello poco cambia), infatti, non è consentito lasciare il paese. Così Noof, rubando il telefono del padre, scarica direttamente dal sito del governo un visto speciale per motivi di studio e vola verso il Regno Unito.
“Sono in pericolo di vita e sono scappata dopo aver rubato il cellulare di mio padre”, scrive sui social, cominciando a raccontare episodi di violenza quotidiana per le donne del Qatar, non perdendo però l’occasione di spiegare anche il modo in cui fuggire dal Paese. Tutto però cambia l’autunno scorso e di Noof al-Maadeed si perdono, pian piano, le tracce.
Noof al-Maadeed è scomparsa?
Rientrata in Qatar a seguito di alcune rassicurazioni da parte dell’emirato, Noof dal 13 ottobre smette improvvisamente, però, di pubblicare su Twitter ed Instagram i suoi aggiornamenti quotidiani. Eppure, la giovane, come se in cuor suo lo sapesse, subito prima di sparire avverte i suoi follower: “Se smetto di scrivere chiedete dove sono finita, perché potrei essere morta”.
Come riportato dal Corriere della Sera, immediatamente i suoi sostenitori si mobilitano: quell’ultimo messaggio di Noof non piace per nulla e, preoccupati, iniziano a diffondere l’hashtag #whereisNoof; anche i gruppi per i diritti umani non stanno con le mani in mano e chiedono alle autorità del Qatar di mostrare che la ragazza stia bene e che, soprattutto, sia viva.
“Sta bene ma non possiamo dire altro per motivi di privacy“, rispondono le autorità. Eppure, in quella dichiarazione così secca e laconica, in molti intravedono una menzogna. Non è possibile, infatti, che da un momento all’altro una ragazza che denunciava sui social la situazione delle donne nell’emirato, smetta di punto in bianco di dar notizie, esposta com’era al pericolo quotidiano di far innervosire più di un politico al capo del governo, soprattutto a ridosso dei mondiali, una copertina internazionale di incommensurabile valore politico e sociale per lo sviluppo del Paese.
“Se non posta sui social media significa che è morta. Agiamo su sua richiesta”, scrive sempre il Corriere di Khalid Ibrahim, capo del Centro del Golfo per i diritti umani (Gchr), un’organizzazione con sede a Beirut che tiene traccia delle violazioni in Medio Oriente.
Poi all’improvviso, come per far calmare le acque, Noof riappare sui social a fine gennaio per comunicare che sta bene, tranquillizzando così, in qualche modo, le organizzazioni umanitarie e i suoi follower. Nelle foto postate, indossa un hijab nero, senza specificare dove si trovi: si vedono solo dei palloncini e torte di compleanno con tanto di scritta “Bentornata a casa” e un ringraziamento al ministro degli Affari sociali e della famiglia del Qatar, Mariam al-Misnad.
Eppure la storia di Noof resta ancora oggi avvolta nel mistero: è possibile, infatti, che la ragazza abbia smesso volontariamente di continuare il suo lavoro da attivista? Ma soprattutto, perché è rientrata in Qatar visto il pericolo a cui è esposta? Sono molti infatti a credere la giovane sia stata e sia ancora vittima di minacce di morte, magari proprio dal padre come lei stessa aveva raccontato qualche mese fa. Insomma, il cambiamento repentino ed il ritorno in patria sollevano non pochi dubbi attorno alla figura di Noof, giovane, sì, ma parsa sempre decisa nella sua lotta contro il regime ultraconservatore qatariano.
Proprio per questo, la ricercatrice di Human Rights Watch Rothna Begum ha stilato un rapporto sulla condizione femminile nel Paese, spiegando come le confuse e discriminatorie regole del Regno non assicurano alcun diritto alle donne e alimentano la violenza domestica. Per non parlare della disparità salariale.
Sia le donne del Qatar che quelle non del Qatar sono colpite da un crescente divario salariale; la loro paga è dal 25% fino al 50% minore rispetto agli uomini, nonostante il loro orario di lavoro sia comparabile. Il divario è dovuto in parte alle indennità sociali concesse agli uomini come capofamiglia, come alloggi e quote di viaggio, che le lavoratrici ricevono assai più raramente.