L’imprenditore veneziano resta bloccato in Sudan, facendo sfumare in un nulla di fatto il lavoro dei nostri diplomatici in Sudan. La storia di un italiano dimenticato dal suo Paese
Fra gli italiani “dimenticati” nelle carceri estere, una delle storie indubbiamente più dure è quella di Marco Zennaro, imprenditore veneziano attualmente detenuto in Sudan.
E’ dal primo aprile dell’anno scorso che l’uomo è finito in cella con accuse tutt’oggi non chiare.
Vani, fino a ora, i tentativi di risoluzione diplomatica e le trattative per far avere all’imprenditore veneto un’equa sentenza e riportarlo a casa, come vane sono state le recentissime trattative nelle quali chi tiene in ostaggio Marco non ha, di fatto, mantenuto le promesse, mandando all’aria mesi di lavoro diplomatico.
Il caso giudiziario, infatti, si è trasformato in una vera e propria estorsione da parte del governo golpista che ha fatto capitolare il paese con un colpo di stato a fine ottobre.
Ma per capire meglio i contorni di questa fosca vicenda bisogna partire dall’inizio.
L’assurda storia di Marco Zennaro ha inizio lo scorso marzo quando l’imprenditore, con un aereo diretto, vola in Africa per risolvere una problematica riguardante la vendita di alcuni trasformatori elettrici a un’azienda sudanese, la Sedec.
L’uomo, 46 anni, è un ingegnere elettronico e amministra la società di famiglia, la Zennaro Electrical Constructions con sede a Marghera, una località nel veneziano.
Zennaro si dirige a Karthum dopo che gli acquirenti avevano giudicato come non conformi e difettose le apparecchiature elettroniche comprate dall’azienda italiana.
Una volta atterrato in Sudan inizia per Marco un incubo che dura da oramai più di 10 mesi.
Gli viene infatti sequestrato il passaporto: l’accusa, per lui, è di frode. Rimane bloccato per due settimane in un albergo piantonato dal quale non può uscire in alcun modo.
Dopo settimane di assurde incomprensioni, Zennaro riesce a raggiungere un accordo economico per il suo rilascio: 400mila euro.
La controparte, però, non è una persona qualsiasi. A tenere in ostaggio il cittadino italiano è Abdallah Esa Yousif Ahamed, zio del generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti.
Per capire chi siano questi due miliziani sudanesi è necessario comprendere cosa stia accadendo da qualche mese a questa parte nel paese africano.
Lo scorso ottobre, in Sudan, è avvenuto un golpe militare finalizzato a rovesciare il governo democratico di transizione rappresentato dal primo ministro Abdallah Hamdok.
Dopo anni di guerre civili e del tentativo di mettere in piedi il governo di transizione democratica, i militari hanno messo in atto un golpe che, di fatto, era praticamente annunciato.
Hemeti è il generale a capo delle milizie che, attualmente, governano il Paese. E’ il militare ad imputare a Zennaro il reato di frode.
Vani i tentativi messi in atto dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che attraverso il direttore generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie della Farnesina, Luigi Vignali,ha tentato una trattativa con i miliziani per riportare Marco a casa.
Ma lo schiaffo alla nostra diplomazia è arrivato in questi giorni, quando i sudanesi hanno ritratto le offerte messe sul piatto dell’accordo che, loro stessi, avevano proposto.
Vani, dunque, i tentativi di mediazione e trattativa messi in atto dal nostro ambasciatore a Khartoum, Gianluigi Vassallo.
Ritorna dunque a zero la trattativa, con un’altissima probabilità che i miliziani chiedano i soldi che avevano chiesto fin dall’inizio: 975 mila euro.
La mossa, secondo quanto riportato da La Nuova Venezia, ora ha i contorni più chiari. L’intenzione dei miliziani, o meglio, l’astuta mossa è stata quella di spostare il fascicolo in Corte d’Appello, guadagnando così maggiore tempo per tirare di più la corda con l’Italia.
La Corte, infatti, si era avvicinata a una sentenza favorevole a Marco. Ma bisognerà attendere ulteriormente.
I nuovi giudici, dunque, ci metteranno parecchio tempo per valutare il ricorso presentato dall’ex partner commerciale di Zennaro.
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