Sono trascorsi quasi vent’anni da quando, quel maledetto 30 gennaio 2002, Samuele Lorenzi è stato trovato morto, con la testa fracassata, sul letto della camera dei genitori al piano seminterrato dello chalet di famiglia a Cogne. La madre, Annamaria Franzoni, fu condannata per l’omicidio del figlioletto, a 16 anni di carcere, ridotti poi a 11 per l’indulto e la buona condotta.
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Ma la Franzoni, anche se la sentenza la vede la chiara colpevole del brutale omicidio del figlio, ucciso con “numerosi e ripetuti colpi”, non si è mai dichiarata colpevole, anzi ha sempre sostenuto la sua innocenza e la sua famiglia non l’ha mai lasciata sola o abbandonata.
Negli anni la villetta di Cogne è diventata un macabro punto di attrazione turistica, tanto che in molti turisti passano di lì al fine di vedere quello chalet al numero 4, dove è avvenuto il brutale omicidio di un bambino di appena 3 anni.
Ed è quello che è avvenuto qualche giorno fa quando una coppia di turisti si stava aggirando a Cogne al fine proprio di ricercare quella villetta, come riportato da ‘Dagospia’. Questa coppia chiedeva ai passanti quale fosse la villetta fino a quando hanno visto Stefano Lorenzi in fondo alla strada assieme ad Annamaria Franzoni.
La villetta è tornata a disposizione della famiglia dopo la fine del contenzioso con l’avvocato
Ma non è la prima volta che i due coniugi tornano nella villetta di Cogne, infatti già nel 2018 la Franzoni era stata vista da alcuni vicini nell’abitazione.
L’anno scorso il contenzioso con l’avvocato Taormina, difensore della Franzoni, che lamentava il mancato pagamento di 257mila euro di onorario (diventati poi 450mila), si è estinto. I coniugi avevano cominciato a pagare quanto dovuto e la villa era tornata in piena disponibilità della famiglia.
Annamaria Franzoni, il 4 febbraio scorso, aveva denunciato presso il Tribunale di Aosta il fenomeno legato a questo turismo macabro che si è sviluppato in questi ultimi vent’anni nei riguardi (e nei dintroni) della sua abitazione.