Sul social Reddit il numero di utenti che sostengono la cultura-anti lavorista si è, nel giro di poco tempo, letteralmente quadruplicato. E nel frattempo si anima un forte dibattito intellettuale in merito. Tutto ruota intorno alla domanda: “Come sarebbe la vita senza lavoro?”. Un’analisi della questione e il fenomeno delle “grandi dimissioni”
Negli ultimi dieci anni circa, precisamente fra il 2010 e il 2015, si è andata sviluppando una nuova cultura anti-capitalista e anti-lavorista che ha trovato un terreno di sviluppo prolifico sui social ma anche un grande dibattito all’interno del mondo accademico e intellettuale.
Si tratta, per lo meno dal punto di vista teorico, dell’eliminazione del lavoro come punto di partenza per ricostruire un nuovo ordine nel post-capitalismo, andando a ribaltare dalle fondamenta il paradigma neo-liberale proprio dal sostrato su cui prolifera: lo sfruttamento del corpo, che si articola proprio nel lavoro.
Il manifesto utopico – o, per lo meno, utopico per ora – è stato redatto da Nick Srnicek e Alex Williams in Inventare il futuro. Il libro suona quasi come un invito: Pretendi la piena automazione/Pretendi il reddito universale/Pretendi il futuro, come si legge sulla futuristica copertina.
L’eliminazione del lavoro, a detta degli autori del Manifesto accellerazionista, è uno dei punti più importanti per decostruire il paradigma neoliberista assieme alla piena automazione dei processi di produzione.
Ma se leggendo questa sintesi superficiale vi potrà sembrare quanto mai utopico pensare a un mondo senza capitalismo dove gli uomini non lavorano deliberatamente e le macchine fanno quello che dovremmo fare noi, beh, qualcosa in realtà sta cambiando.
Dal 2010, infatti, sul social Reddit è nato un canale, per le precisione subreddit, denominato r/antiwork.
Prima della pandemia contava 100mila iscritti, oggi si supera il milione e mezzo di persone. E la questione sta toccando anche i mercati.
Antiwork, il canale reddit anti capitalista che non piace alle banche
Partiamo, anzitutto, dalla descrizione del canale. Antiwork è un subreddit dove migliaia e migliaia di lavoratori sfruttati condividono le proprie esperienze negative e mortificanti che hanno subito nel proprio posto di lavoro.
Fra quelli a cui non è concesso di piangere la morte dei propri genitori, a chi non riesce a stare accanto alla moglie che sta morendo di cancro fino ai fenomeni del burnout, mobbing, frustrazione e umiliazione che tantissime persone subiscono quotidianamente.
Nel giro di qualche anno quei lavoratori ritrovatisi sui social sono diventati un milione e mezzo, e le conseguenze non sono tardate ad arrivare.
A gettare brillantemente luce su queste ultime è Francesca Coin, sociologa femminista che da anni ha articolato il proprio lavoro di ricerca sui fenomeni dello sfruttamento lavorativo.
In un articolo pubblicato con ‘Valigia Blu’ e titolato ‘Le “Grandi Dimissioni” contro la cultura tossica del lavoro che lacera l’esistenza e deteriora la salute di milioni di persone’, la Coin analizza il fenomeno del subreddit antilavorista e le conseguenze che sta generando su banche e mercati.
La sociologa muove la propria riflessione partendo da un’osservazione: le grandi banche e gli economisti “mainstream”, come li definisce lei, sarebbero terrorizzati dalla diffusione progressiva della cultura anti-lavorista negli States che ha portato al fenomeno delle dimissioni di massa.
A dircelo, chiarisce la Coin, è la celebre banca d’investimento Goldman Sachs, la quale, in un report titolato Why isn’t the labour force recovering? si interroga come sia possibile che, a seguito della pandemia, “la partecipazione alla forza-lavoro non sia ritornata ai livelli pre-pandemici”.
“La cultura delle grandi dimissioni”: cosa succede se ci licenziamo tutti insieme
Per il colosso bancario la ragione è da rintracciare in un fenomeno tutto, squisitamente umano: il rifiuto del lavoro. E’ questo, per altro, lo stesso sentimento che anima quella che viene definita dalla sociologa come la cultura delle grandi dimissioni, quella cultura che ha fatto sì che ben 24 milioni di persone lasciassero il proprio posto di lavoro. Questo solo nei primi trimestri del 2021.
Non è un caso, sempre, che r/antiwork, il subreddit cui si faceva menzione prima, abbia ottenuto un successo straordinario, passando da 100mila iscritti pre pandemia a 1 milione e mezzo di iscritti e che ha come obiettivo principale l’abolizione del lavoro.
Non una riforma, attenzione. Nel subreddit si legge a chiare lettere che la finalità non è, appunto, quella di riformare il mercato del lavoro articolando le lotte su una maggiore equità di trattamento economico e umano, come accadde, per intenderci, nei movimenti operai novecenteschi, ma proprio quella di abolire per sempre il lavoro.
Una ulteriore chiarificazione di questo fenomeno la si può trovare proprio nel documento elaborato dalla Goldman Sachs, e per la cui traduzione si ringrazia sempre Francesca Coin:
“Un ultimo rischio a lungo termine per la partecipazione della forza lavoro è che le preferenze e gli stili di vita di alcuni lavoratori possano essere cambiati dopo un anno e mezzo di pandemia. Il modo migliore per misurare questo cambiamento è attraverso i social media. La bacheca r/antiwork di Reddit – che incoraggia gli individui a “ottenere il massimo da una vita senza lavoro” – è aumentata in popolarità questo autunno ed è ora anche più popolare della bacheca r/Wallstreetbets che ha guidato un’impennata nell’attività di trading al dettaglio all’inizio di quest’anno. Di conseguenza, vediamo un certo rischio che alcuni lavoratori scelgano di rimanere fuori dalla forza lavoro più a lungo, se possano permettersi di farlo”.
Nel subreddit gli intenti e il manifesto programmatico è scritto a chiare lettere: “Il subreddit è antiwork, non reformwork. Non siamo liberali, un’ideologia capitalista. Siamo di sinistra, anticapitalisti, e vogliamo abolire tutto il lavoro”.
Come si legge,r/antiwork, dunque, è un forum nel quale “le persone si incoraggiano a prendere posizione insieme contro lo sfruttamento del lavoro e si danno la fiducia e gli strumenti per farlo”.
Le storie sono tantissime, e convergono tutte verso l’obiettivo di autorganizzazione per l’eliminazione del lavoro, attraverso scioperi che culminano nelle dimissioni di massa.
L’accento, però, è posto principalmente sulle conseguenze psicofisiche che subisce il lavoratore dopo anni di precaricato, sfruttamento e umiliazione.
D’altronde, prima di suicidarsi, fu lo stesso Mark Fisher, filosofo, sociologo e critico musicale a lanciare l’allarme sulle conseguenze del neoliberismo sulla psiche dell’individuo.
Fisher notava come una delle patologie mentali del nostro secolo sia il bipolarismo. Esattamente come il capitalismo vive momenti di massimo sviluppo ed euforia da investimenti a cui seguono crisi talmente gravi da sembrare irreversibili, così l’essere umano vive fasi subalterne di “esaltazione e anedonia” che si susseguono in un ritmo infinito.
“Non è più accettabile lavorare 60 ore a settimana e non riuscire a pagare l’affitto. Non è accettabile che i salari scendano mentre i profitti aumentano continuamente. Non è accettabile lavorare a tempo pieno e non potersi permettere una casa, l’istruzione o le cure sanitarie. Non è accettabile passare più tempo a lavoro che in famiglia, nel traffico che con i figli. Non è accettabile che ci si debba sacrificare così tanto per un lavoro che spesso non permette nemmeno la sopravvivenza”, si legge nell’articolo di Francesca Coin.
La grande resa dei conti: un esempio per l’Italia
Eccoci, dunque, alla “grande resa dei conti”. Ed è quello che un po’ anticipò Toni Negri quando, riflettendo sui cambiamenti socio-economici avvenuti a partire dagli anni Settanta, scrisse che anche l’antagonismo politico doveva cambiare.
Niente più lotte operaie circoscritte, ma una grande “moltitudine” che rappresenti tutti gli sfruttati e i sottomessi al capitale. Alcuni imprenditori compresi.
Ciò non significa che, appunto, in quanto “moltitudine” tutti coloro che sono sottomessi a una condizione lavorativa miserabile diano dimissioni e partecipino agli scioperi.
Come evidenzia Francesca Coin l’esito di questa resa non sarà “univoco”.
In assenza di tutele per i lavoratori, infatti, come un reddito base universale, ribellarsi a queste situazioni non è per nulla scontato o possibile.
Quel che è certo, come evidenzia la sociologa e come le esperienze raccontate nel subreddit antiwork ci insegnano, che l’Italia può apprendere moltissimo dall’esperienza statunitense.
Nel nostro Paese, infatti, dati alla mano, la situazione è sconcertante. Nel secondo trimestre 2021 mezzo milione di lavoratori si è dimesso. Quegli stessi lavoratori che sono gli unici, in Europa, ad aver subito un abbassamento dei salari invece che un innalzamento, come si può leggere dai dati OCSE.
Qualcosa, però, si sta muovendo, non fosse per la totale assenza di un referente politico, in questo caso di sinistra, in grado di convogliare un malessere collettivo che si è trasformato in quello che Mark Fisher definisce “impotenza riflessiva”: è così difficile che questo cambi che neanche provo a far nulla.
Non si possono trascurare i numeri delle grandi dimissioni degli ultimi mesi. E la pandemia, in questo senso, ha portato qualcosa di estremamente positivo. E, per concludere, rubiamo la frase di Joseph Lane Kirkland che Francesca Coin ha riportato nel suo pezzo, in quanto nessun’altra potrebbe essere così esemplificativa: “Se il lavoro duro fosse una cosa bella, i ricchi l’avrebbero tenuto tutto per sé”.