La corsa al Quirinale regala sempre nuove emozioni, nonché nuovi volti. Se fino a prima di Natale i favoriti dal toto nomi erano, in assoluto, Mario Draghi con la sua autocandidatura il giorno prima della cabina di regia, e Silvio Berlusconi, alla ricerca ancora di consensi tra i cinque stelle, sembra ora farsi spazio una nuova terza ipotesi.
Oltre all’attuale premier e all’ex cavaliere, infatti, sarebbe ora in lizza Giuliano Amato, sorpassando Marcello Pera (78 anni), ex presidente del Senato fortemente apprezzato dalla Lega; Letizia Moratti (72 anni), da inizio gennaio 2021 vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Lombardia; Gianni Letta (86 anni) ex Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri e Maria Elisabetta Alberti Casellati (75 anni), Presidente del Senato.
In verità, non è la prima volta che si parla di Amato al Colle, nel 2015, Silvio Berlusconi aveva dato il via libera sul suo nome, prima che Matteo Renzi tirasse fuori quello di Sergio Mattarella; eppure pare che ora la sua candidatura inizi a prendere sempre più forma e forza.
Per ‘Domani’ pare chiara la sua scelta: serve una figura di garanzia che possa passare alla prima votazione ed Amato rientra perfettamente in questa logica. Insomma, dopo la comfort zone, si fa la strada il “comfort name”: “leader e partiti hanno pochissima voglia di rischiare di arrivare alla quarta votazione. Perché quarta votazione significa presidente a maggioranza semplice. E cioè mettere in mano le chiavi del palazzo del Quirinale a tre persone: nell’ordine a Silvio Berlusconi, Matteo Renzi e Matteo Salvini”, spiega il quotidiano. Ma cerchiamo di capire, quindi, chi sia Giuliano Amato.
Un nome, una garanzia
Nato a Torino, classe 1938, Giuliano Amato rientra in quella categoria di integerrimi statisti della Prima Repubblica: mai sfiorato da indagini giudiziarie, è stato giudice costituzionale, vicepresidente della Consulta ed eterna riserva della Repubblica, il suo nome è già stato seriamente in corsa almeno due volte per il Quirinale.
Ma l’accademico, professore di diritto costituzionale comparato alla Università La Sapienza per oltre 20 anni, è stato soprattutto due volte Presidente del Consiglio, dal 1992 al 1993 e dal 2000 al 2001, e poi Ministro degli Interni, dal 2006 al 2008.
La sua formazione politica inizia nel 1956 quando aderisce al Partito Socialista Italiano, per poi passare al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP) nel 1964, in dissenso con la scelta del PSI di andare al governo con la Democrazia Cristiana. Allo scioglimento dello PSIUP, avvenuto nel 1972, fece ritorno nel PSI. Eppure, durante il suo primo governo, nel 1993, si aprì anche l’indagine giudiziaria per associazione mafiosa nei confronti del predecessore Giulio Andreotti, che durerà sino al 2004; Amato e il suo governo mantennero una posizione di equilibrio sulla vicenda, astenendosi dal formulare opinioni.
L’indagine Mani Pulite, infatti, lo aveva fortemente messo a dura prova, anche per le sue vicinanze politiche con Bettino Craxi. Proprio per questo, una volta scioltisi i partiti tradizionali nel 1994, Amato decide di affacciarsi alla Seconda Repubblica senza tuttavia iscriversi ad un partito. Solo nel 2000 tornerà a Palazzo Chigi come Presidente del Consiglio, dopo le dimissioni di Massimo D’Alema, diventando poi brevemente dal 2001 al 2006 senatore per l’Ulivo.
Nel gennaio del 2002 viene nominato dal Consiglio europeo di Laeken vicepresidente della Convenzione europea, chiamata a disegnare la nuova architettura istituzionale dell’UE, con la quale stringe una fitta rete di rapporti diplomatici che lo porteranno a creare il “Gruppo Amato“, che ha avuto il mandato (non ufficiale) di prospettare una riscrittura della Costituzione europea, basata sui criteri che erano emersi durante le consultazioni della Presidenza tedesca con le cancellerie europee. Dal 2013 il suo nome circola insistentemente tra i favoriti del Colle, chissà che questa non sia la volta buona, malgrado qualche piccola controversia.
Ha fatto discutere, infatti, la sua pensione d’oro che, in un articolo del 2011 a firma di Mario Giordano per ‘Il Giornale’ , si sarebbe aggirata intorno ai 31411 € lordi. Queste affermazioni hanno portato ad una causa giudiziaria da parte di Amato contro Giordano e alla revisione del capitolo del libro Sanguisughe del giornalista. Nella trasmissione Otto e mezzo del 12 settembre dello stesso anno, l’ex Presidente del Consiglio chiarisce la sua posizione, dichiarando di percepire, al netto delle imposte, circa 11000 € di pensione, totalmente sospesa poi due anni dopo, quando Amato viene nominato giudice costituzionale nel 2013.
Ma oltre alla pensione d’Oro, Giuliano Amato pare aver fatto anche alcune affermazioni importanti contro la comunità LGBTQ+. Nel 2000,infatti, quando era presidente del Consiglio, Amato affermò rammaricato di non poter impedire il corteo del Gay Pride, aggiungendo anche che sarebbe stato opportuno svolgerlo in un secondo momento in vista delle celebrazioni del Giubileo del 2000.
Nel 2007, invece, quando era ministro, il Ministero dell’Interno emanò la circolare numero 55 del 18 ottobre (coerente con la legislazione vigente e con provvedimenti analoghi emanati prima e dopo) che ricorda a tutti i prefetti e sindaci italiani l’impossibilità di trascrivere i matrimoni gay celebrati all’estero in quanto contrari all’ordine pubblico interno.
Tutte queste azioni però non hanno avuto poi un seguito politico o mediatico, magari se ne saprà di più se davvero Amato, questa volta, diventerà il successore del già compianto Sergio Mattarella.