La nuova generazione della Fratellanza musulmana sta dimostrando una incredibile capacità di mimetizzarsi nei movimenti occidentali sia liberali che LGBQT, configurandosi così come una questione a dir poco complessa che riguarda, paradossalmente, più l’Occidente che i Paesi Arabi. Le parole degli esperti
Per poter comprendere la complessa questione riguardante la presenza della Fratellanza Musulmana in Occidente e come questa si relazioni, per assurdo, con gruppi europei di stampo liberale, è fondamentale partire, innanzitutto, dal definire l’identità di questo movimento.
Se a detta di Lorenzo Vidino, direttore del Programma sull’estremismo presso la George Washington University, il movimento ha perso, negli anni, popolarità, in Europa sta prendendo sempre più piede utilizzando un nuovo tipo di linguaggio “per mimetizzare la loro vera natura”.
I Fratelli Musulmani nascono nel 1928 in Egitto, vicino al canale di Suez, quando un gruppo di persone capeggiate dall’insegnante Hasan Al Banna si riunirono per fondare il gruppo.
Nel loro movimento vanno a confluire una serie di partiti e fazioni che si rifanno, come riportato da InsideOver, al cosiddetto “Islam Politico”.
La fratellanza si configura come un movimento islamico radicale, per il quale è impossibile distinguere fra la sfera religiosa e quella politica civile.
L’obiettivo è, infatti, quello di costituire una società che sia guidata dai valori musulmani.
In un evento ospitato dal think tank degli Emirati Arabi Uniti Trends Research and Advisory, a cui ha preso parte la testata giornalistica Arab News, un gruppo di esperti ha analizzato la progressiva diffusione del movimento estremista attraverso una serie di tattiche mai messe in atto fino ad ora.
Come riportato da Arab News, infatti, il movimento della Fratellanza e i suoi affiliati starebbero sfruttando i liberali europei per promuovere la propria agenda anti democratica senza, ovviamente, esplicitare il loro intento.
Una problematica, questa, che riguarda più l’Occidente che gli Stati Arabi. Infatti, dopo il tentativo fallimentare di governo avvenuto fra il 2012 e il 2013, la gente ha manifestato una sorta di “disincanto” nei confronti del movimento estremista, come specificato da Vidino.
L’esperto ha però fatto notare come, parallelamente, la progressiva perdita di popolarità e consensi negli stati arabi sia coincisa con una sorta di “rinascita” nell’occidente, dove sta sempre più prendendo piede una nuova generazione del movimento oggi molto giovane.
C’è, infatti, un “raggiungimento della maggiore età di una seconda generazione di attivisti che sono nati in Europa e sono estremamente esperti nel discorso politico europeo e occidentale”, ha dichiarato Vidino.
Questo cambio di passo, a detta dell’esperto, si configura con la nascita di nuovi obiettivi, in primis quello di essere accettati da parte delle istituzioni occidentali, europee soprattutto, sfruttando la loro conoscenza dei meccanismi che ne stanno alla base essendo nati e cresciuti nel Vecchio Continente.
Questo è possibile attraverso un linguaggio fortemente più progressista rispetto a quello dei fratelli presenti negli stati arabi, un linguaggio che li rende “molto più accettabili e appetibili”.
Un esempio palese è l’assurda commistione fra la fratellanza musulmana e i movimenti LGBQT, come evidenzia Vidino: “Vediamo questi attivisti lavorare a stretto contatto con le organizzazioni LGBTQ, con movimenti molto progressisti, con cui in realtà hanno ben poco in comune se si va effettivamente a indagare a fondo”.
Queste sono, ovviamente, tutte “alleanze tattiche” che avvengono grazie a una profonda comprensione da parte del movimento estremista del discorso politico occidentale imperante e che mantiene “l’establishment europeo”.
Una riflessione, questa, condivisa anche da Mohamed Aref, professore di scienze politiche all’Università del Cairo.
L’esperto, infatti, ha posto in evidenza l’elevatissima capacità del gruppo di adattarsi all’ambiente circostante, con un fare camaleontico che sta risultando vincente: “Cambiano colore in base all’ambiente che li circonda con il fine di attirare nuovi membri”, ha infatti chiarito Aref.
L’obiettivo è dunque quello di accompagnare gli Stati nelle loro decisioni in merito al movimento. Una questione quanto mai complessa, e che riguarda realmente tutta l’Europa, come ha chiarito Ziad Munson, professore di sociologia alla Lehigh University della Pennsylvania.
“Trattare con la Fratellanza, e più in generale con l’Islam politico, “è la questione del momento”, ha spiegato.
E’ necessario rompere quel legame, secondo il sociologo, fra la messa in pratica di “ideologie tossiche” e il loro piano puramente ideale.
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