Che il piano di Renzi sia quello di un grande centro allargato? Fino ad ora tutti gli elementi a disposizione fanno pensare che sia possibile, ma la partita si gioca tutta, come al solito, sui numeri: quanto varrebbe, in termini di voti percentuali, un “grande centro” composto da Forza Italia e Italia Viva, e magari, volendo, Calenda e Toti?
Una chiusura che non poteva che avere un monologo di Renzi quella della Leopolda, la kermesse organizzata dall’ex premier e terminata due giorni fa.
Un finale che porta una riflessione che, se per alcuni ha dell’improbabile, per altri, invece, è l’unica via ovvia: quella riguardante possibili elezioni nel 2022.
“Io credo che si voterà nel 2022, perché così vogliono i capi delle principali forze politiche, a cominciare da Letta che intende portare in Parlamento il suo gruppo di riferimento” ha dichiarato il leader di Italia Viva.
Una prospettiva, questa, non di certo auspicabile, per un certo verso, per il suo partito, che con il ritorno alle urne farebbe la fine di un cumulo di polvere poggiato sul lungomare di Trieste in piena bora.
Ma attenzione: come ha “giustamente” evidenziato Sallusti nel suo ultimo articolo titolato “Attenti, fra poco si vota” e ricondiviso da Dagospia, Renzi spesso mente, ma non è di certo uno sprovveduto.
Ed è per tale ragione che l’ipotesi più plausibile si configura come la creazione da parte di Renzi di un grande centro che inglobi le forze politiche come Forza Italia, Toti e Calenda.
Tutto, tranne il PD e i populisti. Questo è certo. O per lo meno è chiaro ora, dopo le ultime dichiarazioni di Renzi che suonano come un addio senza indugio.
“Ma come siete passati dalle Lettere di Gramsci al blog di Casalino?” ha ironizzato l’ex premier, che chiude en tranchant anche l’ultimo dei flebili fili che lo legava al partito con il quale prese il 40% prima del grande “schioffo”.
E’ dunque palese che, tolto quello occupato dal PD, quello estremista e quello populista, a Renzi che non resta che trovare un nuovo spazio politico: il centro.
“I dem resteranno a braccetto con i populisti 5S e noi non potremo che occupare uno spazio politico diverso”, ha infatti esordito l’ex premier.
Il centro, dunque, che, tuttavia, “non è un recinto di sigle o ambizioni personali, ma è il luogo in cui si va a prendere il consenso e vincere: accade in Francia, in Germania, accadrà da noi”.
Una profezia destinata ad avverarsi? No, è già realtà (per lo meno quella del centro, non della vittoria).
Come riportato da Repubblica, infatti, l’esperimento è già in atto con quello che è stato definito il ‘modello Palermo’.
Con la candidatura del capogruppo in Senato Davide Faraone a sindaco di Palermo, la prospettiva di un accordo con i forzisti prende vita, come riportato da Il Fatto Quotidiano.
Nulla di ufficiale, ma stando a quanto si legge i più informati sarebbero oramai certi di un rafforzamento del patto con i berlusconiani.
La vera domanda, ossia quella che ci siamo posti all’inizio, è a quanto potrebbe puntare un centro così eterogeneo, in cui confluirebbero sicuramente Forza Italia e Italia Viva, ma anche, nell’ipotesi, Calenda e Toti.
Se ci basiamo sulle ultime proiezioni di voto pubblicate da SWG per La7, la situazione è attualmente questa:
Forza Italia si attesta a un 6,8%, con una diminuzione dello 0,1%, mentre Italia Viva si attesta al 2,4%, salendo dello 0,2. Sommando (erroneamente), la percentuale, si arriverebbe a circa il 10%, senza stimare altri personaggi politici e senza valutare possibili perdite o risalite. E dunque sbagliando.
Dati alla mano è infatti difficile calcolare una stima esatta. Sicuramente l’uomo della Leopolda supererebbe la soglia di sbarramento con una coalizione di centro, ma che dovrebbe inglobare le parti più moderate di altri partiti ed esponenti quali Calenda e Toti per avere una chance di andare avanti.
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