Se in Austria è iniziato un mini lockdown, di almeno dieci giorni, per le persone non vaccinate ed in Germania i casi crescono vertiginosamente, nei giorni scorsi infatti si sono registrati 50mila casi nel giro di 24 ore, l’Italia sembra esser riuscita a contenere abbastanza bene la quarta ondata di Covid. Salgono i contagi, ma al momento ricoveri e terapie intensive restano sotto controllo.
Ma la paura rispetto a quello che sta accadendo attorno al Bel Paese, fa già mettere in atto un piano d’azione nel caso in cui i casi diventassero ingestibili. Malgrado il ministro della Salute, Roberto Speranza, abbia dichiarato che l’indirizzo del governo è mantenere le regole esistenti, gli scienziati chiedono una revisione di queste, rafforzando le misure atte al contenimento del virus.
L’esecutivo in queste ore sta lavorando ad un piano per l’inverno che preveda un minima stretta sulla vita degli italiani, già a partire da fine mese, per evitare misure più drastiche a Natale, come la zona rossa dell’anno scorso.
Nel concreto, si sta discutendo sul ridurre, innanzitutto, la durata del green pass per i vaccinati. Ma anche limitari i rischi, prevedendo la possibilità di ottenere il certificato solo con tampone molecolare. Per ora invece è stata scartata l’ipotesi di rivedere i criteri che determinano le zone a colori, così come non sono previste nuove restrizioni per chi arriva dai Paesi dell’Est, nonostante il boom di contagi dato da una bassa percentuale di vaccinati.
Se la situazione quindi, per ora, non sembra stravolgere più di tanto le nostre abitudini, il governo potrebbe valutare la possibilità di introdurre interventi restrittivi all’inizio di dicembre, con in mano i dati aggiornati su curva dei contagi ed andamento dei ricoveri. Tuttavia, accelerare le terze dosi per arginare l’avanzata della quarta ondata rimane l’auspicio principale a Palazzo Chigi, per evitare ulteriori restrizioni.
Eppure, l’immunologo Guido Rasi, consulente del commissario Francesco Figliuolo, si è detto favorevole all’adozione di misure più drastiche, come l’esclusione della possibilità di ottenere il green pass attraverso il tampone: “Così un 30% di positivi sfugge”, come riportato dal Fatto Quotidiano. Ma sembra più praticabile una stretta parziale sui tamponi, si sta vagliando infatti l’ipotesi di prendere in considerazione solo il molecolare per ottenere il certificato verde, oppure ridurre la validità dei test: 24 ore per gli antigenici, 48 per i molecolari. In questo caso l’obiettivo sarebbe ridurre i rischi dovuti ai falsi negativi.
Ma accorciare la validità del Green Pass, di dodici mesi sia per i guariti che per i vaccinati, sembra per ora la soluzione più pratica e che vede di comune accordo tutti. Risale solo allo scorso agosto il parere del Cts che alzò la scadenza del certificato, fino ad allora di sei mesi per i primi e di nove per i secondi.
Gli scienziati valutarono in estate possibile l’estensione della certificazione, ripromettendosi tuttavia di rivedere la posizione nel caso in cui le condizioni fossero mutate, proprio come sta accadendo ora. Il governo potrebbe dunque chiedere un nuovo parere agli scienziati, ma se ne parlerà comunque non prima di dicembre.
Il sistema dei colori invece non sembra essere al centro di possibili modifiche. I parametri sono stati ampiamente ammorbiditi durante l’estate e ora tutta Italia si ritrova ancora in zona bianca; nonostante la Sicilia abbia rischiato più volte di ritornare in zona gialla. La soglia di occupazione dei letti in area medica e nei reparti di terapia intensiva, infatti, era inizialmente al 10 e al 5 per cento per far scattare il giallo. Poi il pressing delle Regioni aveva fatto alzare i due valori al 10 e al 15% e questi parametri al momento non sembrano soggetti a sostanziali modifiche.
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