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Giallo di Nada Cella, dopo 25 anni spuntano clamorose novità e si riapre il caso

A 26 anni dal delitto spuntano nuove, clamorose novità riguardanti alcune minacce ricevute da Antonella Pesce Delfino, la criminologa che ha fatto riaprire il caso

A distanza di quasi 30 anni potrebbe esserci una svolta importante nel caso di Nada Cella, la 25enne uccisa brutalmente nell’ufficio dove lavorava nel maggio del 1996.

La ragazza ricopriva il ruolo di segretaria all’interno dello studio del commercialista Marco Saracco, sito in via Marsala, a Chiavari.

Fra le 8.50 e le 9.10 del mattino qualcuno entrò all’interno dell’ufficio dove Nada si trovava e l’assassinò. La ragazza venne infatti ritrovata ancora agonizzante in una pozza di sangue dal datore di lavoro, Marco Soracco.

La vittima venne trasportata presso il pronto soccorso di Lavagna per poi essere trasferita d’urgenza presso l’ospedale San Martino di Genova nel vano tentativo di salvarle la vita.

Dall’autopsia emerse che la vittima fosse stata più volte colpita con calci, pugni e un colpo alla testa dato con un oggetto contundente. L’arma del delitto, tuttavia, non è mai stata ritrovata.

Come, d’altronde, non venne mai effettivamente appurato il colpevole. Inizialmente, infatti, finì sotto il mirino degli inquirenti Soracco che, alla fine, venne scagionato e prosciolto

Verso la fine del 1998 il caso venne archiviato. Le indagini, infatti, non portarono ad un nulla di fatto, il tutto aggravato dall’inquinamento della scena criminis.

Ad intaccare la scena furono infatti i soccorritori, la madre della vittima e il commercialista, che ripulì le macchie di sangue presenti all’ingresso.

Nonostante le varie riaperture del caso siano finite in un nulla di fatto, la famiglia non si dette mai pace.

Il caso di Nada Cella riaperto dopo 25 anni

A distanza di 25 anni, infatti, il caso è stato riaperto grazie allo strenuo lavoro della criminologa assunta dalla famiglia, Antonella Pesce Delfino.

La professionista, andando a riprendere in mano i faldoni del caso, ha notato dei particolari che fino ad allora erano stati ignorati e che potrebbero portare una svolta nel caso.

Dopo quasi 30 anni dalla morte di Nada, infatti, alcuni elementi portano a un nuovo sospettao: Annaluce Cecere.

La chiave di volta si troverebbe, in particolare, in alcune tracce di DNA. Attraverso il lavoro della criminologa sono state analizzate delle tracce presenti sulla camicetta della vittima e un’impronta presente su una delle sedie dello studio.

Da queste tracce sono emersi profili genetici sia femminili che maschili. “Speriamo ci possano permettere di arrivare ad avere un nome del sospettato – ha dichiarato Francesco Cozzi, il procuratore che ha disposto le nuove analisi sul caso – “se allora avessimo avuto telecamere e cellulari sarebbe stato tutto diverso”, si legge su Repubblica.

Le minacce dell’indagata verso la criminologa: un’altra svolta nel caso

Bisogna tuttavia ritornare sulla nuova indagata per capire i recenti sviluppi. Dalle analisi della criminologa assunta dalla famiglia della vittima sono emersi dettagli che rimandano tutti a Annalucia Cecere.

La donna, ex insegnante (licenziata per motivi disciplinari) è stata iscritta dalla Procura di Genova nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio aggravato.

Stando a quanto riportato dai procuratori, la Cecere si era invaghita di Soracco che, invece, era innamorato della sua segretaria.

Un altro elemento che inchioderebbe la donna 53 riguarda la presenza di alcuni bottoni nel suo appartamento uguali a quelli ritrovati sotto il corpo della vittima. Con ogni probabilità, hanno pensato gli inquirenti, la Cecere gli avrebbe sottratti in quanto di valore ed erano appartenenti a una giacca maschile.

Inoltre due testimoni avrebbero visto passare la donna, la mattina dell’omicidio, sulla strada dello studio di Soracco.

Come se non bastasse la criminologa Antonella Pesce Delfino è stata più volte minacciata telefonicamente dalla Cecere. I messaggi sarebbero stati ricevuti dalla professionista dopo un incontro faccia a faccia fra le due durante il quale la Delfino si è finta interessata ad alcuni problemi legati alla scuola nella quale l’accusata lavorava.

I contenuti audio sono ora fra i documenti delle indagini. E nonostante le minacce, la Pesce Delfino non si è fermata.

Martina De Marco

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