Dopo un periodo di pesca intensiva così aggressiva da spingere il tonno rosso sul baratro dell’estinzione, la specie sta tornando a popolare i mari. Purtroppo però altre specie stanno lentamente riducendo i propri esemplari, è il caso di alcuni squali.
Gli scienziati divulgano una buona notizia che riguarda la popolazione di una specifica specie acquatica. Il tonno sta lentamente tornando a popolare i nostri mari, dopo essere stato praticamente sotto minaccia di estinzione.
La notizia è un “segnale potente” che nonostante la crescente pressione sui nostri oceani, le specie possono riprendersi, se gli stati si impegnano a pratiche sostenibili, ha affermato il direttore generale della IUCN, il dott. Bruno Oberle.
Il diktat che tutti dovrebbero seguire è quello di “conservare la biodiversità”, per un benessere che è di tutto, delle specie salvate e degli uomini che si sostentano dal mare.
Nonostante questo, l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), l’organizzazione che monitora lo stato delle specie e dirama allarmi, dice che molte specie marine sono in declino, tra cui alcuni banchi di tonno.
La Lista Rossa IUCN delle specie minacciate è la cartina di tornasole per misurare quanto le specie animali e vegetali siano vicine all’estinzione. Nell’ultimo mezzo secolo sono state valutate circa 139.000 specie, di cui quasi 39.000 ora minacciate di estinzione, mentre 902 si sono estinte.
Se per i tonni è un periodo favorevole, un’altra specie marina in questo momento è seriamente in pericolo.
Gli squali sono molto, troppo, soggetti a una pesca intensiva che ogni anno conta circa 100 milioni di esemplari catturati, spesso per le loro pinne.
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“Non possiamo sederci: questo è un campanello d’allarme per il mondo che dobbiamo fare molto di più per i nostri oceani e la biodiversità in essi“, ha continuato il dott. Bruno Oberle.
Al World Conservation Congress, che si terrà dopo lo stop dovuto alla pandemia, si terrà un meeting per coordinare una risposta urgente alla tematica ambientale.
Per nove giorni, ministeri, ONG e popolazioni indigene, supportati da una rete di 16.000 scienziati, elaboreranno proposte di conservazione che potrebbero definire l’agenda dei prossimi vertici delle Nazioni Unite sulla biodiversità e sui cambiamenti climatici.
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