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Esteri

Primo sindacato dei dipendenti di Starbucks: ecco come ha reagito la multinazionale del caffè

50 dipendenti di Starbucks New York si sono uniti per formare il primo sindacato americano per i lavoratori della catena. La scelta si presenta come storica e sovversiva, dato che l’azienda si è sempre opposta e ancora oggi chiosa: “I nostri collaboratori non ne hanno bisogno”.

Quando l’unione fa la forza?

Pillola amara per Kevin Johnson, o forse meglio dire caffè amaro. Il CEO di Starbucks, che negli USA conta 8000 punti vendita e che è diventato famoso per le sue bevande personalizzabili e sempre dolcissime, si è visto recapitare venerdì 27 agosto una lettera dal ‘SBworkersunited’ di Baffalo.

La lettera è il semplice annuncio dell’esistenza dello stesso mittente della stessa, un annuncio che però semplice non è, specie per Kevin Johnson.

Alexis Rizzo lavora in Starbucks da sei anni, da quando aveva 17 anni, ed è uno dei membri fondatori del comitato organizzatore. Per lei l’esigenza di un sindacato è consequenziale ai problemi strutturali di un ambiente di lavoro confortevole, ma perfettibile.

Ecco, come spiega la decisione di unirsi: “Siamo stati chiamati partner di Starbucks e vogliamo diventare dei veri partner, essere in grado di avere una voce per migliorare il nostro lavoro e migliorare l’esperienza dei nostri clienti”, ha detto la Rizzo al ‘Guardian’.

I problemi che i molti partner e collaboratori si SB indicano sono la carenza cronica di personale, la mancanza di retribuzione di anzianità, problemi di comunicazione tra i lavoratori e la stessa divisione delle mansioni. Il sindacato allora non è un gesto ostile, solo un tentativo di un altro tipo di collaborazione.

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La reazione di Starbucks

Il primo sindacato è senz’altro uno smacco per l’azienda, che ha sempre scoraggiato i propri dipendenti a coalizzarsi. E tutt’ora, in risposta all’annuncio, l’email inviata ai dipendenti è di questo tenore: “Sebbene Starbucks rispetti la libera scelta dei nostri partner, crediamo fermamente che il nostro ambiente di lavoro, insieme alla nostra eccezionale retribuzione e benefici, renda i sindacati non necessari in Starbucks. Rispettiamo il diritto dei nostri partner di organizzarsi, ma crediamo che non lo troverebbero necessario dato il nostro ambiente favorevole ai partner”.

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Federica Giunta

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