Il modello svedese anti covid, più che un modello una mancanza di un modello specifico per affrontare la pandemia, ha sempre suscitato molte discussioni. In nome del benessere, mentale ed economico, le mancate restrizioni hanno provocato molti morti, forse troppi, ma adesso il trend sembra essere invertito.
18 mesi di pandemia alle spalle e ancora il modello svedese rimane ingiudicabile. Vero che Anders Tegnell, l’epidemiologo che ha guidato la Svezia attraverso la pandemia, ha più volte chiesto tempo per esprimere un giudizio, eppure occorre tirare le somme, considerando che ci sono numeri e dati a volte allarmanti.
Il modello svedese è stato il modello più criticato dai sostenitori della linea dura, è stato spesso agognato dagli scontenti dell’opposizione, almeno qui in Italia; in ogni caso è stato molto discusso.
Quando l’Europa abbassava le saracinesche, la Svezia rimaneva aperta. Scuole, bar, ristoranti aperti e le mascherine sono sempre state una raccomandazione.
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Tegnell, a suo dire, ha cercato di salvare sia il benessere materiale, il pil, gli introiti, l’economia, sia la salute mentale degli svedesi.
Una politica che ha costretto la politica a scusarsi, a dicembre, con re Carl XVI Gustaf che ha commentato, sempre con ritrosia, gli effetti delle scelte dell’esecutivo: “Sul Covid-19 abbiamo sbagliato”.
I numeri della Svezia ad oggi sono 1.122.139 casi di Covid-19 e 14.682 morti. Eppure bisogna confrontarli con numeri più ampi: con una popolazioni di 10 milioni di abitanti, significa che in Svezia l’11% della popolazione ha avuto il covid, contro il 2,9% dei 5,3 milioni di norvegesi e il 2,2% dei 5,5 milioni di finlandesi.
C’è da dire che le vaccinazioni procedono speditamente: l’81,5% degli svedesi ha ricevuto almeno una dose e il 65,8% le ha ricevute entrambe, e tra immunizzati e guariti forse c’è la risposta del non aumento dei casi in queste settimane.
È l’effetto a lungo termine a cui puntava Anders Tegnell quando, circa un anno fa, in un’intervista al Financial Times parlava di “sostenibilità della risposta al covid”?
L’idea di base della strategia svedese è sempre stata quella della sostenibilità nel tempo di un modello di coesistenza con il virus, dato che gli esperti considerano il covd-19 “ineliminabile” sostanzialmente.
Ecco le parole di Tegnell durante questo autunno: “Cosa proteggerà, per esempio, i danesi? Nuovi lockdown?”.
Del modello svedese si può disquisire all’infinito, senza arrivare mai a una sintesi, ma è anche vero che non c’è stato nessuno scenario da ecatombe.
Vuoi per il sistema sanitario che offre cure di altissimo livello, vuoi per la tendenza ad isolarsi degli svedesi, vuoi perché qualche restrizione in effetti c’è stata, come la DAD dai 16 anni in su in maniera capillare e obbligatoria.
Ad oggi la Svezia è l’unico tra i paesi scandinavi che non registra un aumento esponenziale di contagi e chissà se il motivo è stata la politica perseguita attivamente, e quasi senza compromessi, da Anders Tegnell.
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