Esodo dei civili afghani alla presa di potere dei talebani. Atene risponde alla futura crisi migratoria aumentando di 27,5 km la recinzione al confine con la Turchia per scongiurare una situazione analoga a quella del 2015: “I nostri confini rimarranno sicuri e inviolabili”, ha detto il ministro per la Protezione dei cittadini, Michalis Chrisochoidis.
La capitolazione di Kabul in mano ai talebani ha spinto, meglio dire costretto, molti afghani alla fuga. La crisi umanitaria che si sta consumando in Afghanistan è anche una ‘crisi’ migratoria che le nazioni europee affrontano in maniera diversa. Per quanti accolgono, c’è anche chi è intenzionato a respingere, come nel caso di Atene e di Ankara.
Così Atene ha annunciato la fine dei lavori per l’ampliamento del muro di contenimento al confine con la Turchia, già lungo 12, 5 km. Il confine lungo in tutto 40 km e dotato di un nuovo sistema di videosorveglianza è stato ritenuto dal governo l’unico modo per evitare il ripetersi di un’ondata migratoria come quella del 2015.
“Non possiamo aspettare, passivamente, il possibile impatto della crisi afghana. I nostri confini rimarranno sicuri e inviolabili“, ha assicurato il ministro per la Protezione dei cittadini, Michalis Chrisochoidis.
D’accordo con la risoluzione greca, anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che chiede aiuti per l’Iran e l’Afghanistan, o “la crisi migratoria sarà inevitabile”.
Il paradosso vuole che nell’epoca dei network la costruzione di ostruzioni sia sempre, purtroppo, più comune. Se il provvedimento di Atene è un atteggiamento che denota chiusura e intolleranza, mistificata per difesa, purtroppo non è un atteggiamento isolato.
L’attentato delle Torri Gemelle è stato un evento traumatico che ha installato una paura irrazionale dell’altro, specie se l’altro proviene dal medio Oriente. Da quel momento si conta la costruzione di circa 45 muri, mai così tanti nemmeno durante la seconda guerra mondiale, di cui molti attivi tutt’oggi.
Secondo un’indagine condotta da Élisabeth Vallet, una studiosa dell’Università del Quebec a Montreal, e riportata dal Washington Post, questi sono ancora i confini che separano un mondo virtualmente iperconnesso.
E purtroppo la lista potrebbe essere molto più lunga.
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