Non è scontato affermare che la guerra, così come il male, faccia solo uscire il peggio dalle persone, capaci di mostrare senza remore, in uno stato di giudizio sospeso la loro, forse, vera natura. I più forti opprimono i più deboli, è sempre stato così. E nel vortice delle frasi fatte, una dal 15 agosto scorso riecheggia più delle altre. Con la presa di Kabul da parte dei talebani, le donne sono in serio pericolo. Tutto quello che le afghane sono o che hanno conquistato, viene razziato giorno dopo giorno, in un totalizzante processo di depersonalizzazione; sono oggetti ad uso e consumo dell’uomo, devono soddisfare i loro piaceri e a definirli sessuali nemmeno ci si riesce.
Un’ex poliziotta afghana ha raccontato terrorizzata che le “bande di stupri” talebane si accoppiano con i cadaveri, mentre vanno alla ricerca, porta a porta, di schiave sessuali. La donna, di cui sappiamo solo il nome, Muskan, ha dichiarato a News18, canale televisivo indiano di notizie inglese, che poco importa se la persona che violano sia viva o morta; danno la caccia a donne e ragazze come “bottino di guerra”, sparando e strappandole alle loro abitazioni come se nulla fosse.
Muskan si è rifugiata in India dopo la presa fulminea della capitale e da lì ha potuto spiegare al mondo la terribile situazione per le donne lasciate indietro in Afghanistan. Gli islamisti hanno dato “numerosi avvertimenti”: le donne e le loro famiglie sono minacciate di morte o di torture se vanno a lavorare. I combattenti non avvertono due volte, passano direttamente all’azione, macchiandosi anche degli atti più empi come la necrofilia. Il tutto sembrerebbe confermato dall’ordine dei signori della guerra di dare la caccia alle bambine dai 12 anni in su per renderle loro prigioniere sessuali, dopo la resa del governo afghano e dell’abbandono delle ultime truppe militari statunitensi.
Nonostante la leadership talebana abbia promesso il rispetto dei diritti delle donne sotto il loro nuovo stato di diritto, rigettando le barbarie degli anni Novanta, gli ultimi resoconti insinuano che i militari talebani stiano tornando ai loro vecchi modi, promuovendo matrimoni forzati e compiendo aggressioni sessuali in tutto il paese. Le donne non sposate o vedove sono considerate “ghanimat” o “bottino di guerra”, così come riportato dal The Sun. Le donne e le ragazze più giovani in particolare sono in grave pericolo, proprio come durante i cinque anni di brutale oppressione da parte del regime tra il 1996 e il 2001. Insomma, in un attimo le donne afghane sono state catapultate indietro di vent’anni.
I talebani, infatti, hanno governato l’Afghanistan col pugno di ferro, colpendo in gran parte donne e ragazze che sono state crudelmente torturate e persino giustiziate pubblicamente anche per le loro violazioni più lievi della versione talebana arretrata della sharia, più un insieme di concetti che si desumono dai testi sacri che non una vera e propria legge islamica. In altri termini, è più la loro applicazione, e quindi interpretazione, a fare la differenza, che non i concetti a sé stanti. Un aspetto di fondamentale importanza, se si considera il fatto che molte delle libertà individuali del popolo afghano sono state ridotte durante il primo governo talebano e il rischio che possa accadere ancora è più concreto che mai, malgrado il portavoce dei talebani, Zabihullah Mujahid abbia voluto mostrare al mondo intero la nuova veste moderata dei talebani.
La nuova corrente del regime ha preso il controllo del palazzo presidenziale in una rapida operazione militare che ha sconcertato le potenze occidentali, che pensavano che i combattenti avrebbero impiegato circa 90 giorni, e non 90 ore per insediarsi. Segno questo di un governo fantoccio e di un esercito inesistente, crollato non appena l’ultimo baluardo stelle e strisce ha girato i tacchi tornandosene a casa. Gli afghani, presi dallo sconcerto e dalla paura di ciò che potrebbe avvenire, si sono ammassati in migliaia all’aeroporto, sperando di fuggire dal proprio paese su uno degli aerei promessi dalle potenze straniere.
Soprattutto perché quei rifugiati, molti dei quali hanno collaborato coi governi occidentali, sono presi di mira anche per le loro madri, figlie e nipoti; i comandanti chiedono che consegnino le donne non sposate per essere violentate o per farle coattamente sposare coi combattenti malati. Circa un mese prima di assumere il controllo della capitale, infatti, la dirigenza talebana avrebbe pubblicato un decreto chiedendo che le ragazze e le vedove sotto i 45 anni fossero segnalate loro dai leader locali.
Secondo un rapporto del Wall Street Journal, inoltre, anche i civili e i soldati catturati, a cui è stata offerta l’amnistia dalla leadership talebana pochi giorni fa, verrebbero giustiziati e le accuse di stupro diffuso, omicidio, tortura e imposizione di schiavitù sessuale sarebbero state tutte negate dai talebani, sostenendo che il comportamento orribile messo in atto dai loro soldati è contrario all’Islam, e quindi fortemente condannato dal regime militare islamista che in questo modo se ne lava le mani.
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