In un interessante articolo a firma di Marco Belpoliti sul blog DoppioZero e firmato “La Canotta”, Umberto Bossi viene descritto come il politico dei gesti, quelli da bar, s’intende. Dal dito medio alla mossa dell’ombrello, quello che Belpoliti pone in evidenza è un interessante riflessione sulla distanza siderale rispetto alla distanza (ci perdonino i lettori per la ripetizione) fra il politico e gli elettori, il popolo.
Se infatti quel visionario che fu Elias Canetti pose in evidenza, nella sua eccellente opera ‘Massa e Potere’ la questione dell’uomo politico come colui in grado di generare una differenza con l’uomo comune, per Belpoliti (saggista, critico letterario docente universitario n.d.r.) Bossi è colui il quale opera un taglio, un’estrema riduzione di quella distanza incolmabile.
Un “everyman”, come viene definito nel pezzo, ossia un uomo qualunque, un uomo di tutti e per tutti, che per tale ragione è riuscito a generare attorno a sé consenso e un carisma senza pari.
Umberto Bossi in canottiera simbolo dell’AntiFa
Simbolo di questa sua innata capacità nel travestimento di quello che, effettivamente, è, ossia un uomo venuto da ambienti emarginati, la canotta bianca alla Massimo Girotti in Ossesione (1943), di Luchino Visconti.
Quella pellicola, di fatto, si pone come il primo, vero film antifascista. Ed è esattamente quello che incarna Bossi in canottiera bianca: l’antifascismo. Se infatti oggi può sembrare strano parlare di una Lega fortemente antifascista, è dai presupposti opposti che il carroccio prese vita.
Negli anni di Bossi in canotta, infatti, i comizi avevano un presupposto molto chiaro, come si può vedere in questa clip: “Mai con l’MSI, MAI!”.
La presa di posizione contraria nei confronti di fascismi e neofascismi era talmente ferma che sui manifesti di quegli anni si legge: “Lega Lombarda: coscienza partigiana”. Fu sempre Bossi, a tal proposito, a dichiarare che la Lega Nord era la naturale continuazione delle lotte partigiane. E non è un caso, infatti, che si dimenasse del dichiarare: “Mai al governo con la porcilaia fascista”.
Una distanza abissale, con la Lega voluta ora da Matteo Salvini, con il quale Bossi ha ben poco da sparire. Di affine opinione Gianni Fava, che ammonisce: “I nostri militanti a casa hanno i libri di Miglio, non il Mein Kampf”.
Dall’antifascismo a piazzale Hitler e parco Mussolini: la digi-nvoluzione della Lega
La vicinanza con gli ambienti di estrema destra, il corteggiamento alla Le Pen, la collaborazione con Meloni e meloniani sembrano, di fatto, chiudere en tranchant con il passato che fu. I valori padani si sono dissolti, dispersi, annacquati come il vino nell’acqua in una lega che di Roma ladrona ha bisogno, la stessa Roma che ha dato i natali, e oggi parzialmente fasti, alla Meloni.
E la conferma di questo processo arriva proprio in questi giorni, con la proposta del sottosegretario leghista Claudio Durigon di intitolare il parco di Latina ad Arnaldo Mussolini, fratello del duce.
Ma non è finita qui: se la querelle attorno a questa sottospecie di proposta non è bastata a placare i velleitari animi estremodestristi della Lega, arriva la proposta di un altro genio politico, l‘ex consigliere comunale leghista di Colleferro Andrea Santucci, che ha avanzato l’acutissima proposta di modificare l’intitolazione di Piazzale dei Partigiani per intitolarlo ad Hitler.
Insomma, dopo il consigliere leghista che, armato di pistola, spara al socio in affari a Licata, e quello di Voghera che fredda in pieno giorno un immigrato, le dichiarazioni neofasciste (o naziste, bisognerebbe chiedere ai diretti interessati la differenza) di Durigon e Santucci, la Lega dovrebbe avere non poche gatte da pelare, ed invece Salvini sembra continuare per la via di strenua difesa dei suoi uomini.
Chissà cosa ne penserà il caro, vecchio senatur, che magari starà borbottando indignato mentre sfoglia il suo giornale in poltrona, rigorosamente in canotta, con il condizionatore puntato addosso.