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Il medico attivista se ne va a soli 73 anni, lasciando un’eredità senza pari non solo a sua figlia Cecilia, impegnata, come lui, a salvare vite umane, ma a tutti quanti noi. Dall’attivismo universitario a quello nelle zone di guerra, la vita dell’uomo che ha fatto la storia dei diritti umani
Giunge come un fulmine a ciel sereno in questo venerdì d’agosto la notizia della morte di Gino Strada. Classe ’48, Strada ci lascia a soli 73 anni a causa di un male cardiaco che, stando a quanto si apprende da fonti vicino alla famiglia, affliggeva l’attivista.
A riferire la notizia tutti i principali media online, che riportano come fonte la famiglia, in particolare la figlia, Cecilia Strada, la quale attraverso un toccante post Facebook ha ufficializzato il decesso del padre.
“Amici, come avrete visto il mio papà non c’è più”, esordisce, per poi continuare esprimendo da un lato il profondo dispiacere di non essere stata con suo padre negli ultimi istanti, ma dall’altro specificando il fatto che si trovasse in una missione in mare finalizzata a salvare vite umane, esattamente come suo padre e sua madre le avevano insegnato:
Un’eredità quella di Strada, che non riguarda solo sua figlia, ma il mondo intero, quel mondo attanagliato dalle ingiustizie e dalle disuguaglianze che il medico fondatore di Emergency aveva in ogni modo tentato di sconfiggere.
Medico, attivista e filantropo, l’immagine di Gino Strada si è sempre articolata, principalmente, come quella del fondatore, assieme alla moglie Teresa Sarti (scomparsa nel 2009), dell’ONG Emergency.
Fondata nel 1994 a Milano, Emergency si è posta il nobile quanto difficile obiettivo di fornire cure mediche e chirurgiche gratuite e di alta qualità alle vittime della guerra, agendo su problematiche quali le mine antiuomo e la povertà – agendo nei luoghi più difficili del Pianeta.
Strada, nato a Sesto San Giovanni, un comune del Milanese che, in quegli anni, era l’emblema dell’operaismo, crebbe in un ambiente di stampo cattolico fortemente ispirato alle idee del Concilio Vaticano II, il concilio ecumenico che, più di tutti nella recente storia ecclesiastica, ebbe un ruolo a dir poco rivoluzionario e di spartiacque rispetto a ciò che accadde in precedenza.
Fu poi nell’università che Gino Strada si avvicinò al mondo della militanza comunista, un mondo, quello della politica, che il medico ha poi tentato di tenere lontano in ogni modo. Nel 2013, infatti, dichiarò di non votare alle elezioni da una trentina d’anni, ad unica eccezione della realtà de L’altra Europa con Tsipras.
Dopo il conseguimento nel 1978 della Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università Statale di Milano Strada pose durante tutta la sua vita le sue competenze professionali al servizio delle zone di guerra quali Pakistan, Etiopia, Perù, Afghanistan, Somalia e Bosnia ed Erzegovina.
Furono quelle esperienze estreme sul campo a spingere Gino, la moglie e un gruppo di colleghi a fondare Emergency, un’associazione di stampo umanitario finalizzata alla riabilitazione delle vittime di guerra e delle mine antiuomo.
Dalla sua fondazione, avvenuta nel 1994 fino all’incirca nel 2013, come riporta il report di quell’anno, l’associazione ha fornito assistenza totalmente gratuita a ben 6 milioni di persone in 16 differenti paesi sparsi in tutto il mondo.
Numeri da record, che hanno permesso a Gino Strada di portare la realtà di emergency in tantissime zone del mondo.
Sempre l’esperienza sul campo lo spinse a pubblicare il libro Pappagalli verdi (1999), il cui titolo prende il nome dalle mine antiuomo prodotte dall’Unione Sovietica) nel quale si articola un’attanagliante cronaca della sua vita da medico di guerra assieme alle storie drammatiche, in particolare di bambini, a cui ha assistito nei luoghi dove è intervenuto come volontario, quali Iraq, Pakistan, Ruanda, Afghanistan, Perù, Kurdistan, Etiopia, Angola, Cambogia, ex-Jugoslavia e Gibuti.
Una perdita, quella di Strada, che lascia da un vuoto indelebile ma, dall’altro, un’eredità senza pari, raccolta in primis dalla figlia Cecilia, impegnata in un’operazione salva vite in mare con la ResQ -People Saving People. Ed è proprio il vuoto che lascia Gino a trovare il cordoglio da parte del mondo della politica.
Fra i vari, ad esprimere un messaggio di condoglianze alle famiglie Paolo Gentiloni e Roberto Speranza.
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