È morto nella sua casa di Latina, all’età di 71 anni, lo scrittore Antonio Pennacchi, premio Strega nel 2010 con “Canale Mussolini”. A darne conferma è stata la casa editrice Mondadori. Secondo quello che è stato riportato negli articoli usciti nella tarda serata di ieri lo scrittore sarebbe morto mentre era al telefono con la moglie a causa di un infarto. La donna non sentendo rispondere più il marito avrebbe allertato i soccorsi, ma quando sono arrivati nell’abitazione di Pennacchi, per lo scrittore ormai non c’era più nulla da fare.
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Antonio Pennacchi era nato a Latina nel 1950, discendente di coloni che avevano preso parte alla bonifica dell’Agro Pontino in epoca fascista. Vicenda che farà conoscere a tutti attraverso il romanzo “Canale Mussolini”.
Fin da giovanissimo si dedicò alla politica, ma a differenza dei fratelli che aderiscono tutti a movimenti di sinistra, Pennacchi si iscrisse all’MSI, ma entrato in contrasto con i vertici del partito viene espulso e subito dopo passa alla sinistra marxista-maoista, prendendo parte persino alle contestazioni del Sessantotto. Questo passaggio lo porterà più avanti a definirsi “il fasciocomunista”.
Il suo primo romanzo “Mammut” viene pubblicato nel 1994 da Donzelli, dopo aver ricevuto 55 rifiuti da 33 editori, Pennacchi inviava il romanzo più volte allo stesso editore cambiandone il titolo. Nel 2003 pubblica per Mondadori “Il fasciocomunista” autobiografico, che vince il Premio Napoli.
Nel 2010 pubblica, come si diceva, “Canale Mussolini”, definito come “l’opera per la quale sono venuto al mondo”.
“La sinistra fighetta di Rai3”: le parole di Pannacchi
Antonio Pennacchi non era il classico scrittore da salotto televisivo, anzi tutto il contrario, e nelle sue interviste non risparmiava attacchi frontali a Fazio, Dandini, Augias, che definiva come la “sinistra fighetta di Rai3” e che senza mezzi termini, diceva “non mi hanno mai inc***to di pezza, come si dice a Roma”.
E i salotti TV continueranno a non averlo tra gli ospiti, ora che se n’è andato a poco più di 70 anni.
Pennacchi non era nuovo comunque a problemi di salute, infatti già all’epoca della pubblicazione di “Mammut” racconta di aver fatto due ernie al disco, la rottura di una vertebra e di conseguenza la sedia a rotelle, mentre il primo infarto lo colse a 21 anni, il secondo dopo la prima stesura de “Il fasciocomunista” e purtroppo il terzo se l’è portato via.
Ma non aveva alcuna paura della morte temeva molto di più “il dolore e la solitudine”, in fondo “siamo particelle scagliate nel cosmo”.
Uno scrittore non allineato al pensiero comune, sempre sui generis che sicuramente avrebbe continuato a fare del bene a questa Italia con le idee fin troppo confuse.