La famiglia del militare, deceduto il 24 gennaio del 2019, ha richiesto che venisse aperta un’inchiesta sulle cause del decesso che era stato frettolosamente archiviato come un arresto cardiocircolatorio, ma gli aspetti che non tornano sono tanti
Si apre una seconda inchiesta sulla morte di Eugenio Fasano, il carabiniere di 39 anni deceduto (ipoteticamente) a seguito di un malore durante una partita di calcetto il 24 gennaio del 2019. Sebbene il caso sia stato immediatamente archiviato con la dicitura di decesso da arresto cardiocircolatorio, la famiglia non ha mai creduto a questa versione, richiedendo che venisse aperto un nuovo fascicolo.
Varie, effettivamente, le questioni che non tornano attorno alla morte di Fasano, in primis i risultati dell’autopsia che hanno fatto emergere come il corpo del militare fosse in realtà estremamente compromesso dal punto di vista medico.
Dalle lesioni ignorate alla situazione nel pronto soccorso: cosa non torna nel caso Fasano
Il primo aspetto che ha fatto insospettire la famiglia è stato, anzitutto, il risultato della cartella clinica di Fasano. Il carabiniere, infatti, riportava costole fratturate, polmone e sterno perforati e un’arteria rotta.
Delle lesioni che, effettivamente, farebbero insospettire chiunque, al punto da far dubitare che Fasano possa essere deceduto a seguito di un arresto cardiaco. Stando alle dinamiche riportate dalla famiglia, il 39enne è stato condotto al pronto soccorso da una dottoressa afferente all’Arma dei Carabinieri, ma non subito. L’uomo è infatti stato condotto in ospedale dopo un’ora e 46 minuti. Praticamente due ore dopo il malore.
Perché dei colleghi, in particolare, una dottoressa, si è presa la responsabilità di portare il Fasano dopo ben due ore dal malore presso l’ospedale? Domande che si è posta tutta la famiglia del 39enne, fra cui la cognata Teresa Alfiero, che a Repubblica ha dichiarato: “In Pronto Soccorso capisco subito che è successo qualcosa di molto grave, in quanto era pieno di carabinieri in divisa e non, di ogni ordine e grado, ma nessuno era stato in grado di dare le generalità di mio cognato”.
Il carabiniere, infatti, come dichiarato dalla Alfiero, è stato accolto in ospedale come ‘ignoto 2019014801′. “Chiedevamo chi fossero i giocatori, dove si era giocata la partita, chi era l’arbitro, se il centro fosse dotato di servizio medico e di defibrillatore, ma ogni tentativo è stato vano”, ha poi aggiunto la donna.
Alla fine, Fasano è deceduto dopo due giorni passati in ospedale. Sebbene il personale sanitario abbia fatto di tutto per salvargli la vita, per il militare non c’è stato nulla da fare, in quanto il suo quadro clinico era talmente compromesso da non poter intervenire in maniera decisiva.
Sebbene, come si diceva all’inizio, la morte sia stata archiviata velocemente come decesso da arresto cardiaco, per la famiglia troppe cose non tornano, ragione per la quale hanno deciso di procedere per vie legali. Legittime, infatti, le domande circa l’omertà di chi fosse presente in quel momento, così come quelle inerenti i traumi presenti sul corpo del carabiniere e il mancato riconoscimento ospedaliero che chiunque in quel momento avrebbe potuto fare.