A distanza di 20 anni dalla tragedia della scuola Diaz e dalle battaglie e le istanze portate avanti dal ‘Genoa Social Forum’, parla Vittorio Agnoletto, medico attivista e portavoce in quegli anni del Movimento
Sono passati 20 anni da quando, il 19 luglio del 2001, migliaia di persone si riunirono a Genova per portare avanti una serie di proteste e manifestazioni contro il summit nel G8, durante il quale gli otto paesi più ricchi al mondo avrebbero dovuto discutere di tematiche estremamente rilevanti dal punto di vista politico ma, sopratutto, economico.
In quei mesi si verificarono a livello globale degli eventi che funsero da veri e propri spartiacque nella storia dei movimenti di resistenza della postmodernità, come il ‘World Social Forum’ di Porto Alegre, in Brasile, organizzato da differenti movimenti impegnati nell’identificare, attraverso la lotta, un’alternativa alla globalizzazione, o, ad esempio, la rivolta divampata fra il 19 e il 20 dicembre in Argentina in occasione di una devastante crisi economica, protesta poi proseguita a fasi alterne (n.d.r per ulteriori approfondimenti, cfr. Hardt, Negri, Moltitudine, 2004).
E poi Genova. Quella Genova i cui fatti passarono definitivamente alla storia, come dichiarò una funzionaria di Amnesty International, come “la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”.
Centinaia di migliaia di persone si organizzarono per contestare il summit del G8 svoltosi proprio nella città ligure. Una protesta senza precedenti prossimi, a cui presero parte moltissime persone. “Sono decine di migliaia: persino la polizia non dice mai meno di 250.000”, riporta l’attivista e filosofo Antonio Negri in una sua recentissima autobiografia (2020). Il resto, purtroppo, è storia: le manifestazioni culminarono in un orrido bagno di sangue e con la morte del giovane Carlo Giuliani.
In occasione dei vent’anni dalla tragedia che avvenne nella scuola Diaz, dove centinaia di manifestanti che si erano radunati lì per dormire vennero assaltati senza pietà dalla polizia, gli eventi sono tanti, e la discussione, sopratutto, è ancora aperta. Come lo è d’altronde la ferita.
A distanza di due decenni, al di là delle singole posizioni politiche, le rivendicazioni portate avanti da quei movimenti, in particolare dal ‘Genoa Social Forum’, ha trovato piena conferma di quelle che erano le paure di una globalizzazione indisciplinata che, come avevano profetizzato gli attivisti, avrebbe esacerbato le differenze sociali già allora fortemente presenti.
L’imperativo del mercato che si autoregola si è rivelato un fallimento, e le conseguenze delle politiche di quegli anni sono quanto mai tangibili oggi, soprattutto nel contesto pandemico che ci troviamo a vivere.
Non è un caso, infatti, che oggi Vittorio Agnoletto, portavoce nel 2001 del ‘Genoa Social Forum’ durante il G8, dichiara oggi: “Avevamo ragione noi” e che “non tutto di allora è stato una sconfitta”, come dichiarato a La Repubblica.
All’Adnkronos, invece, il medico attivista dichiara: “Oggi, per quanto riguarda la scuola Diaz e Bolzaneto, abbiamo delle verità processuali che hanno ricostruito in modo molto preciso gli eventi. Quindi sulla Diaz e su Bolzaneto non è che ognuno può dire quello che vuole. Ci sono delle verità appurate e precise. La ‘macelleria messicana’ è stata organizzata e gestita dai vertici della polizia“.
E sulle istanze rivendicate dal Movimento, Agnoletto prosegue: “Eravamo andati a Genova all’interno del Movimento dei forum sociali mondiali per dire che se questo mondo fosse andato avanti con questo modello di sviluppo, avrebbe rischiato il precipizio. E dicevamo che non va bene un mondo dove il 20% della popolazione mondiale possiede l’80% della ricchezza. Sono passati vent’anni e oggi poco più dell’8% della popolazione mondiale possiede più dell’80% della ricchezza, e il 79% della popolazione mondiale possiede poco più del 3% della ricchezza del mondo. Avevamo ragione noi. Segnalavamo un’ingiustizia che è aumentata”.
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