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Cultura

Grande lutto nel mondo della lirica: il covid uccide un importante regista

Il mondo dello spettacolo piange un’altra vittima del covid: è morto a soli 67 anni Graham Vick, il geniale, perché rivoluzionario, regista d’opera lirica contemporanea ed eterna.

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Una perdita insostituibile

Morto Graham Vick è morta anche una prospettiva sagace, penetrante e pungente sull’attualità; scomparso il regista più rivoluzionario di opera lirica, scompare anche un poeta ed un conoscitore della realtà. Graham Vick era un artista, perché come ogni grande artista riusciva a indicare, analizzare e rappresentare situazioni concrete sotto la forma universale dell’arte e dello spettacolo.

Le sue rappresentazioni non era riproposizioni di libretti d’opera d’epoca, erano invece un’occasione per fotografare tutto ciò che succedeva fuori il teatro, tutto ciò che i quotidiani raccontano come attualità. Non a caso il ‘Telegraph’ l’aveva definito “l’uomo che salverà l’opera”.

Il regista è morto a soli 67 anni a Londra, ospedalizzato a causa di una grave forma di covid, nonostante avesse cercato di combattere il virus con la sua arte fino al 2020, anno in cui mise in scena il ‘Parsifal’ wagneriano al Massimo di Palermo e la ‘Zaide’ di Mozart all’Opera di Roma con Daniele Gatti.

Dalla rappresentazione all’iconicità

Graham Vick rileggeva i libretti d’opera e li attualizzava mediante espedienti dissacranti, che altresì l’hanno reso iconico.

Richiestissimo dai teatri di tutta Europa, il regista era di casa anche in Italia dove ha messo in scena alcune delle sue opere più discusse: alla Scala di Milano, impreziosì il ‘Macbeth’ di Shakespeare con un cubo nero, astratto e inquietante, ideato per la scenografia.

Da ricordare anche il  ‘Moïse et Pharaon’ di Rossini, ovvero un’opera di denuncia del fondamentalismo religioso con cui aveva sagacemente giocato con la sovrapposizione delle figure di Bin Laden e Mosè. O ancora l’esasperazione politica del suo ‘Guglielmo Tell’, diventato per la rappresentazione di Pesaro una fine analisi sul contrasto tra oppressi e oppressori e sull’utopia socialista.

Ma se si cerca una prova lampante della capacità visionaria di attualizzare l’arte non si può non citare la memorabile ‘La Bohème’ del 2018 per il Comunale di Bologna, in cui i protagonisti erano giovani d’oggi, che rifuggivano dal canone di un romanticismo eccessivamente datato e formale.

Federica Giunta

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