Se l’ipotesi attualmente più accreditata è quella per la quale Saman sia stata uccisa dalla famiglia per il disonore procurato, spunta un’altra pista, quella del fidanzato: Saman, a detta sua, sarebbe viva…
Cresce l’attesa, e anche la speranza, attorno al caso di Saman Abbas, la 18enne scomparsa a Reggio Emilia nella notte fra il 30 aprile e il primo maggio. La giovane ragazza, fuggita di casa per rifugiarsi in una comunità dopo che la famiglia le aveva imposto un matrimonio combinato, era proprio nella sua abitazione che aveva fatto ritorno quella drammatica notte. Voleva recuperare i suoi documenti, con i quali avrebbe potuto ricominciare una nuova vita.
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Ma così non è stato. E se attualmente l’ipotesi più accreditata da tempo è quella di un omicidio realizzato ai suoi danni da parte della famiglia, la stessa che l’avrebbe fatta ritornare a casa con l’inganno, a smuovere le acque ci pensa il suo fidanzato, il 21enne pakistano Ajud Saquib, secondo cui la sua ragazza sarebbe ancora viva.
Stando alle ricostruzioni ipotetiche dell’accusa, dopo la fuga la ragazza sarebbe stata attirata a casa con una trappola ordita dalla madre: “Ti prego, torna. Stiamo morendo”, le ha scritto in un SMS, per poi essere uccisa.
Dalle telecamere di sicurezza dell’azienda agricola nella quale lavoravano i genitori, si vedono il madre, il padre e lo zio con una pala in mano fare avanti e indietro. Ma di Saman, una volta rientrata in casa, nemmeno l’ombra. Nessuno ha visto riuscire la ragazza, ragione per la quale, dopo il video, si è temuto il peggio.
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“Saman è viva, la tengono prigioniera”
La reazione istintiva di Saman è ancora più comprensibile se letta alla luce del fatto che, la 18enne, un fidanzato lo aveva già. Si tratta, come si diceva poc’anzi, del 21enne pakistano Ajud Saquib. I due si erano conosciuti su TikTok, per poi incontrarsi per la prima volta di persona presso la stazione di Bologna. Un amore a prima vista, che voleva essere suggellato, nel rispetto delle rispettive tradizioni, con un matrimonio.
Il giovane ragazzo sente che la sua ragazza è ancora viva: “Me lo dice il cuore e me lo dice la testa”, ha confidato, per poi aggiungere “La sogno ogni notte, prigioniera dietro delle sbarre o in una piccola stanza. Piange, piange sempre, e mi dice: amore, aiutami… Secondo me è viva, tenuta segregata da qualche parte dallo zio Danish dal cugino Nomanhullaq. Che, non a caso, sono irreperibili esattamente come i genitori di Saman”.
Omicidio o prigionia?
In effetti, dei genitori non c’è traccia. Solo un membro della famiglia, il 28enne Ikram Ijaz, venne fermato lo scorso 28 maggio a Nimes, in Francia. Anche dello zio Danish e di Nomanhulaq, l’altro cugino, non si hanno notizie. Nei confronti del Pakistan, dove attualmente si trovano i genitori di Saman, è stato indetto un mandato d’arresto per la coppia oltre che una rogatoria internazionale. L’unico della famiglia a essere rimasto in Italia è il fratellino 16enne di Saman che, attualmente, si trova in una comunità protetta.
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Durante l’interrogazione il fratello della 18enne non ha voluto proferire parola sui genitori. E sulla sorte della sorella, se dapprima ha detto semplicemente che era scappata, ha poi accusato lo zio Danish di averla uccisa.
Ed è proprio sul posto in cui è localizzato lo zio che si potrebbe articolare una seppur minima speranza. Magari è scappato e ha portato Saman con sé rinchiudendola da qualche parte.
Ma il vero elemento che fa sperare è il fatto che le ricerche del corpo della giovane, per il quale si stanno utilizzando cani ticinesi specializzati nel fiuto di cadaveri in decomposizione, non hanno dato esito positivo. Fortunatamente.
Non resta che sperare per quanto, in questo caso, è necessario rimanere ancorati con i piedi per terra.