L’approvazione della proposta di estensione del voto al Senato per i 18enni è l’ultimo passo della lunga strada che ha condotto alla democrazia, a partire dall’istituzione del suffragio universale fino a oggi e alla proposta avanzata da Letta di abbassare l’età del voto a 16 anni
Con 178 voti favorevoli, 15 contrari e 30 astenuti il Senato ha approvato la riforma costituzionale attraverso la quale si attribuisce ai 18enni la possibilità di eleggere il Senato, abbassando dunque l’età da 25 a 18.
Attualmente in Italia sono quasi quattro milioni i giovani fra i 18 e i 24 anni che saranno coinvolti nella riforma, avanzata con l’obiettivo di aumentare la partecipazione giovanile nella vita politica del Paese, come ha dichiarato Federico D’Incà, ministro 5stelle per i rapporti con il Parlamento.
Quella del diritto di voto è però una strada complessa, battuta da lotte politiche che hanno concesso, anzitutto, l’estensione del voto alle donne portando così a quello che oggi conosciamo come suffragio universale. Vediamo insieme questo lungo percorso.
LEGGI ANCHE => Letta e la dote ai diciottenni: in cosa consiste la proposta del segretario del Pd
La lunga storia del diritto di voto in Italia
Sebbene in Italia sia da ormai moltissimo tempo affermato il principio di eguaglianza fra i cittadini su un piano teorico, dal punto di vista fattuale non è sempre stato così. Durante l’età liberale, infatti, in particolare attorno al 1861, il diritto di voto era concesso e garantito solo ad alcune tipologie di cittadini; nello specifico, questi dovevano essere “liberi”, “maturi” e “capaci”.
Fra i soggetti definiti come “immaturi” figuravano donne e i poveri. Era infatti fortemente radicata all’epoca l’idea per la quale la piena partecipazione alla vita politica del Paese fosse esclusivamente appannaggio degli uomini.
LEGGI ANCHE => Ddl Zan, la Ferragni contro Matteo Renzi: la replica dell’ex Premier
Dal voto in base ai ceti sociali al suffragio universale maschile
Tale concezione si rispecchiava nell’articolazione legislativa inerente il diritto di voto, il quale era concesso esclusivamente ai soli cittadini maschi che avessero compiuto il 25esimo anno di età e che appartenessero solo ad elevati ceti sociali.
Fu nel 1881 che il Parlamento approvò l’estensione del diritto di voto anche alla media borghesia, abbassando, inoltre, l’età minima richiesta a 21 anni. Fu poi Giolitti a porre all’attenzione del Parlamento nel 1912 la proposta di legge, poi approvata, di estensione del voto a tutti i cittadini maschi 21enni, ma con la condizione che questi ultimi avessero superato con un certo esito l’esame di scuola elementare, e permettendo a tutti i cittadini over 30 di votare a prescindere dal loro grado ed esito di scolarizzazione.
Si dovette attendere il 1918 per ottenere, almeno, il suffragio universale maschile per tutti i cittadini che avessero compiuto almeno il 21esimo anno di età e per i 18enni che avessero prestato servizio militare durante il primo conflitto mondiale.
LEGGI ANCHE => Ddl Zan, l’apertura di Salvini e la risposta di Letta: questione di messaggi
Il suffragio femminile in Italia
Fu nel 1946 che venne ufficialmente riconosciuto il diritto di voto alle donne, attraverso i principi sanciti dalla Costituzione repubblicana. L’approdo a questa conquista si deve ad un largo movimento novecentesco mondiale noto con il nome di “movimenti delle suffragette”.
Queste ultime erano donne attiviste intente a dar vita al movimento di emancipazione femminile, nato con l’obiettivo primario di ottenere il diritto di voto, ma impegnato in prima linea anche per una più equa istruzione.
Fu grazie alla loro tenacia che, agli inizi del Novecento, le donne ottennero il diritto di voto in paesi quali l’Australia, la Norvegia e la Finlandia. Controcorrente e all’avanguardia la Nuova Zelanda, che estese i diritti elettorali alle donne già nel 1893.
Il diritto di voto oggi: dalla legislazione alle proposte di abbassamento dell’età
Attualmente, come tutti noi sappiamo, il diritto di voto è concesso ai cittadini italiani che abbiano compiuto il 18esimo anno di età, che siano, cioè, maggiorenni. Fino ad oggi l’unica limitazione era l’età minima di 25 anni per poter votare il Senato, oggi venuta meno proprio per l’approvazione della riforma costituzionale nello stesso Senato.
Nel frattempo, però, nel dibattito politico sono intervenute altre proposte ancora come quella di Enrico Letta che, durante il discorso tenuto in occasione della sua elezione a segretario del PD, ha avanzato l’idea di proporre all’attenzione di Parlamento e Senato un disegno di legge che possa permettere ai cittadini italiani 16enni di votare, abbassando dunque l’età dagli attuali 18 anni a 16. La proposta non è stata salutata con molto favore da tutti, scatenando anche sui social un certo scetticismo ed una certa ilarità.
LEGGI ANCHE => Letta va a sinistra e si scrolla da dosso la DC: il discorso come segretario PD fra ius soli e voto ai 16enni
Quel che è certo è che l’approvazione da parte del Senato di abbassare l’età per votarlo da 25 a 18 è già una importante novità per le giovani generazioni. E’ venuto dunque meno il lacciolo giuridico stabilito dall’articolo 58 della Costituzione che sanciva quanto poc’anzi riportato.
Per la promulgazione effettiva della normativa bisognerà attendere altri tre mesi, nei quali si vaglierà l’ipotesi di richiedere un referendum di tipo confermativo, in quanto lo scorso giugno la camera approvò il DDL senza che, tuttavia, fosse stato raggiunto il quorum necessario che corrisponde ad almeno due terzi dei votanti.
Questa riforma avrà dunque il suo effettivo compimento, referendum a parte, nelle prossime elezioni politiche, durante le quali, spiega il relatore del DDL Dario Parrini, le due Camere avranno la stessa base elettorale favorendo così, di fatto, che in entrambe vi siano le stesse maggioranze politiche, cosa che, oggi, non accade.